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LO sciopero generale del pubblico impiego e della scuola, programmato per il 21 maggio, sembra ormai inevitabile.

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E il nodo delle risorse per i contratti pubblici, che interessano oltre 3 milioni di lavoratori, sarà uno dei temi che saranno affrontati lunedì nella riunione delle segreterie unitarie. Cgil, Cisl e Uil e le federazioni di categoria hanno confermato la mobilitazione avvertendo che si tratta solo di «una prima risposta alla volontà del governo di non rinnovare i contratti, di manomettere il sistema contrattuale e di non far partire in modo generalizzato la previdenza complementare per i lavoratori pubblici». A rendere ancora più incandescente il clima le recenti prese di posizione di questi giorni dei ministri del Welfare, Roberto Maroni, e della Funzione Pubblica, Luigi Mazzella. Da Maroni è venuto un forte richiamo anche agli alleati della coalizione perchè non si ripetesse l'esempio della precedente stagione contrattuale con aumenti retributivi eccessivamente onerosi per lo Stato. Un accordo di cui si fece garante all'epoca il vicepresidente del consiglio, Gianfranco Fini. I sindacati chiedono un aumento dell'8% contro un 3,6% offerto dal governo. Cgil, Cisl e Uil fanno notare, inoltre, che mentre impazzano le polemiche sulla nuova tornata contrattuale che interessa il rinnovo del biennio economico 2004-2005, ci sono ancora dipendenti pubblici che non hanno beneficiato degli aumenti previsti dalla precedente tornata. Sono i 600 mila lavoratori della sanità, i 70 mila delle agenzie fiscali, gli oltre 3 mila della Presidenza del Consiglio, i 30 mila vigili del fuoco: l'intesa è stata siglata, ma il contratto ancora non è stato perfezionato. Per circa 280 mila lavoratori tra ricerca, università, dirigenza e personale medico, inoltre, l'accordo non è stato ancora raggiunto all'Aran.

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