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La legge Gasparri torna in aula L'opposizione: guerra a oltranza

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«Il Parlamento aveva già approvato la legge - ricorda il ministro - e non vedo perché con le modifiche introdotte non debba approvarla un'altra volta avendo anche approvato il decreto salva-reti. Ci sono - osserva - tutte le condizioni politiche per un esito positivo sulla carta. Ora resta da scoprire cosa succederà quando andremo a votare». Il ministro paragona il secondo passaggio in aula «alla richiesta di un bis a un tenore», e spiega che il «Sic viene riproposto in modo ridotto, con un taglio del 20, 25% rispetto alle stime precedentemente diffuse dalla stampa». Un ridimensionamento dovuto alla eliminazione dal computo finale «delle attività di promozione e della vendita di libri in abbinamento». Si tratta, secondo Gasparri, di un «tetto equo perché dobbiamo evitare che in Italia ci siano imprese troppo piccole». L'opposizione dal canto suo continua a sparare a zero e, dichiara Paolo Gentiloni (Margherita), « userà tutti i mezzi possibili per impedire l'approvazione del ddl Gasparri che nonostante gli interventi del presidente della Repubblica e delle Authority, ha conservato i suoi aspetti più gravi e inaccettabili». «Naturalmente - continua - oltre al ricorso di tutti i mezzi consentiti dai regolamenti parlamentari, ci auguriamo che la componente della maggioranza che non ha mai nascosto il proprio imbarazzo di fronte a questa legge, si faccia sentire in Parlamento». «Questa legge - conclude - riduce il pluralismo, rafforza le posizioni dominanti, rafforza il duopolio e la dipendenza della Rai al potere politico». Per Giuseppe Giulietti (Ds) la maggioranza «è divisa su temi come le quotazioni in Borsa del premier, il decreto spalma-debiti per il calcio, la stessa Gasparri. È ora - afferma - che la commedia finisca: ci aspettiamo che annuncino la disponibilità ad accogliere i rilievi di Ciampi e delle massime autorità di garanzia del Paese. Anche l'istruttoria dell'Antitrust sul digitale terrestre conferma che la corsa al digitale non è stata altro che un tentativo di aggirare le sentenze della Corte Costituzionale».

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