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Chi nega, chi querela, chi ammette. Meglio cambiare sistema: portare tutto alla luce

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Di ogni schieramento antico o attuale. Tre direttori di giornali. E ancora una lista molto lunga di esponenti della Finanza, della politica internazionale, della Chiesa e di associazioni sindacali che hanno avuto finanziamenti diretti o indiretti da Parmalat. Sono entrati nel ventilatore i verbali segretati degli interrogatori di Calisto Tanzi, di Fausto Tonna e dei principali manager del gruppo di Collecchio. Le prime rivelazioni su quel contenuto sono apparse sul quotidiano Repubblica grazie a uno scoop della coppia consolidata Carlo Bonini e Giuseppe D'Avanzo. Tutti i particolari sono invece centellinati nella versione estesa ogni mattina sul quotidiano Libero grazie al direttore responsabile, Alessandro Sallusti che li racconta in ogni dettaglio. Quei verbali segreti stanno terremotando, in gran silenzio, i palazzi della politica romana. Che si mostrano incapaci di reagire. C'è chi annuncia querela, come Pierferdinando Casini, Enrico La Loggia, Massimo D'Alema, Rocco Buttiglione e tanti altri. C'è chi fa mezze ammissioni come Oscar Luigi Scalfaro o l'ex direttore de Il Manifesto, Valentino Parlato. Chi si chiude in uno sdegnato silenzio, come Giuliano Ferrara, che probabilmente mai si sarebbe atteso di essere sbattuto come mostro in prima pagina dal quotidiano fondato da Vittorio Feltri, padre di quel Mattia allevato e coccolato fino a ieri sulle pagine de Il Foglio. Questo almeno in pubblico. «Non mi curo di cose pubblicate su giornalacci», ammiccava giovedì pomeriggio in Transatlantico lo stesso Buttiglione davanti a un drappello di giornalisti di altre testate. Ma così è peggio. Ha fatto bene ieri a prendere di petto la questione il ministro delle Risorse agricole, Giovanni Alemanno, che ha ammesso un finanziamento di 74 mila euro per una sua rivista da una società collegata a Parmalat. Ha avuto coraggio, perchè è evidente che tale somma non ha riferimento alcuno con il valore pubblicitario di qualche inserzione su un mensile di corrente politica. Ma è di petto che bisogna prendere i verbali di Tanzi, di un imprenditore ormai distrutto da una lunga e onestamente poco giustificabile carcerazione preventiva.Altrimenti si finisce nel tritacarne della maldicenza. A mettere nel ridicolo una intera classe dirigente italiana di fronte a quei verbali è il pudore per i soldi così connaturato a un'Italia moralista che viene dalla peggiore tradizione cattolica e comunista. I soldi non puzzano. La politica, le idee e perfino i giornali politici, costano. Non è vergognoso cercare finanziatori. Certo, non tutti sono mecenati di natura. Normalmente chi offre soldi ha il suo interesse nel farlo. Basterebbe solo portare tutto alla luce del sole. Chi ottiene aiuti economici non ha motivo di vergognarsene, accade così nelle più grandi democrazie del mondo (vedasi articolo a fianco sulle elesioni americane). Però è giusto che gli elettori come il pubblico dei giornali sappia che un politico o una testata finanziata, che so, dalla Philip Morris, non farà mai una campagna contro il fumo a fianco del ministro della Salute Girolamo Sirchia. E se un grande gruppo industriale appoggia una campagna elettorale di un tal politico, il comportamento di quel politico ne terrà conto. È questa grande ipocrisia italiana, che Bettino Craxi tentò di sfidare con quel suo celebre discorso in Parlamento prima del forzato esilio, che costringe la nostra classe dirigente a subire quei verbali di Tanzi infilati nel ventilatore. Avremmo sperato in un salto di coraggio.

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