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Pensioni, la Lega vuole terzo canale di uscita Per Bossi sarebbero penalizzati i lavoratori del Nord che hanno iniziato presto

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Già da giovedì, dopo la chiusura mercoledì dei termini per la presentazione dei sub emendamenti, sulla riforma potrebbe cominciare il voto in Commissione lavoro, con l'obiettivo di andare in Aula in tempi stretti e avere il via libera definitivo dai due rami del Parlamento prima delle elezioni europee a giugno. Il termine di giugno per l'approvazione era stato dato dal ministro del Welfare, Roberto Maroni, all'indomani dell'accordo trovato nella maggioranza sulla modifica dello «scalone» (e la definizione di un nuovo canale per l'uscita a 60 anni più 35 di contributi), e confermato dal sottosegretario Pasquale Viespoli. Ma sul cammino della riforma rischiano di pararsi, oltre allo scontato no dei sindacati (sciopero per il 10 marzo), anche i mal di pancia all'interno della Lega. L'accordo infatti, incidendo sull'aumento dell'età piuttosto che su quello dei contributi (a 35 anni a fronte dei 60 anni), penalizza soprattutto i lavoratori del Nord, quelli che hanno cominciato a lavorare molto giovani. Per mettere un freno a questa penalizzazione la Lega si prepara a presentare un sub emendamento che introduca un terzo canale di uscita verso la pensione di anzianità (probabilmente 57 anni di età e 38 di contributi da affiancare ai 60+35 e ai 40 di contributi a qualsiasi età). Il provvedimento di modifica del testo del Governo è condiviso da Maroni, che sull'argomento pensioni non parla da una settimana: «Non faccio nessun commento, non ho nulla da dire». I sindacati ribadiscono il loro no alla riforma: «Bisogna - ha spiegato il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani - cambiare in profondità la delega. Non si può lasciare obbligatoriamente i lavoratori 4 anni a lavorare a partire dal 2008».

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