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STOP al rientro dei capitali dalla Svizzera.

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Lo afferma il giornale svizzero «La Liberte» che cita banchieri del Ticino. Il tutto con una precisazione: è ancora troppo presto per sostenere che il processo di trasferimento di fondi si è già invertito, ma c'è questa indicazione. «Per il momento -scrive La Libertè- il sistema bancario svizzero è ancora sotto shock dopo i due scudi fiscali realizzati dal ministro dell'Economia e delle Finanze Giulio Tremonti che hanno svuotato le casse». Dalla Svizzera all'Italia, infatti, nel 2002 e nel 2003 sono rientrati, rispettivamente 19,3 e 5,8 mld di euro. Di cui circa la metà «hanno lasciato il Ticino» sottolinea al giornale il direttore del centro di studi bancari di Vezia Franco Citterio. Ma ora «è evidente» , dice Citterio, che gli italiani sembrano avere meno fiducia nel sistema bancario italiano. Questo è evidente proprio in questi giorni in cui la gente chiede insistemente alle banche il risarcimento danni, senza ricevere assicuarzioni. «Tre grandi scandali»- i bond argentini, Cirio l'anno scorso e Parmalat, ricorda La Libertè- «hanno rovinato gli investitori che erano spesso dei modesti risparmiatori malconsigliati dalla loro banca». Una cosa è certa, gli italiani sono tornati in Svizzera. «Ricevo segnali che mi dicono che i soldi tornano anche se la dimensione è difficilmente quantificabile» spiega ancora Citterio. Alla Banca del Gottardo «confermano» il rientro di capitali. «Posso confermare che gli italiani sono di nuovo qui. Ma -sottolinea il portavoce della banca Franco Rogantini- il processo si registrava già prima della crisi Parmalat». Crac ma non solo. I capitali «rientrano» in Svizzera anche «per la qualità dei servizi» sottolinea Rogantini. «Gli investitori -spiega- hanno osservato che le banche italiane avevano ancora un deficit di competenza tra cui figura l'analisi dei rischi, ma non solo. In Svizzera le commissioni sono più care ma il servizio è più performantè. E anche se è «ancora troppo presto» per confermare questo rientro dei capitali in Svizzera, conlude un direttore di un grande Istituto di credito elevetico, «il vento soffia a favore della Svizzera. Il che non è così male».

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