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Ciampi ha deciso, bocciata la Gasparri

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Il provvedimento rinviato alle Camere. Sotto tiro le norme su Rete 4 e il sistema-pubblicità

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Carlo Azeglio Ciampi ha deciso, dopo qualche tentennamento, di assecondare il parere dei suoi uffici giuridici e di non apporre la propria firma sotto la legge Gasparri. Al Parlamento il Capo dello Stato chiede un ripensamento su tre articoli della legge di riforma del sistema delle comunicazioni: il 15, il 23 e il 25. Non è richiesta da poco, perché sono il cuore stesso della riforma ideata da Maurizio Gasparri, e anche i più contestati politicamente durante il lungo e travagliato iter parlamentare. L'articolo 15 disciplina le nuove norme antitrust nei media, definendo le quote massime che ciascun soggetto può detenere nel cosiddetto Sic, il sistema della comunicazione integrata. Secondo il Quirinale a suscitare perplessità è il nuovo limite alla concentrazione pubblicitaria in un solo soggetto, che contrasterebbe con la normativa precedente non abrogata e soprattutto con le interpretazioni in materia della Corte Costituzionale. L'articolo 25 è invece quello più strettamente connesso al destino di ReteQuattro, il canale Mediaset spesso identificato con il direttore del suo telegiornale, Emilio Fede. Il parere del Quirinale è che il complesso meccanismo di introduzione del digitale televisivo, e delle verifica della sua fruibilità da parte di almeno il 50 per cento della popolazione avvenga attraverso un rinvio surrettizio di 12 mesi delle decisioni che secondo la Corte Costituzionale e l'Authority per le comunicazioni avrebbero dovuto essere prese improrogabilmente entro il 31 dicembre 2003. La legge Gasparri così non entrerà in vigore entro la fine dell'anno, e secondo le sentenze della Corte Costituzionale e la relativa delibera del 2001 dell'Authority per le comunicazioni, dal primo gennaio 2004 in teoria Rete4, con il suo Tg4 e lo stesso Fede non potrebbe più essere trasmessa a terra, ma solo via cavo o via satellite. Contemporaneamente Rai Tre dovrebbe eliminare dai suoi palinsesti ogni spot. Un danno economico rilevante per entrambe le aziende (oltre 700 milioni di euro, come si specifica in altro articolo) e anche un rischio occupazionale notevole (almeno per un migliaio di dipendenti). Infine l'articolo 23 (che rinvia alla legge 198, quella nota per l'installazione delle antenne dei telefonini), che disciplina la realizzazione della rete digitale terrestre. Le indiscrezioni sulla bocciatura del Quirinale sono circolare ieri per tutto il giorno nella capitale, fino a trovare le prime conferme ufficiose nel pomeriggio. L'argomento è stato al centro di un lungo colloquio al Quirinale fra Ciampi, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Bastava vedere le facce tiratissime dello stesso Letta e del presidente della Camera, Pierferdinando Casini, alle 18, quando si sono recati in una libreria di piazza Montecitorio a presentare un libro della giornalista Maria Latella. Subito dopo entrambi i relatori si sono precipitati alla Camera dei deputati. E alle 19,15 è iniziato il vertice dell'emergenza nell'ufficio di Casini al primo piano del palazzo. Lì attendeva da qualche minuto lo stesso Berlusconi insieme al vicepresidente del Consiglio, Gianfranco Fini. Lì c'è stata la prima valutazione sulle considerazioni negative del Quirinale e sulla possibilità (non semplicissima) di varare un decreto-ponte per non fare oscurare immediatamente Rete 4.

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