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Fini: «Vabbè, non erano in tantissimi»

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In fin dei conti per tutta la giornata, come in quelle precedenti, il leader di An ha seguito da vicino, molto da vicino adesioni e rifiuti all'invito per la manifestazione del presidente della Regione Lazio. Ha mosso tutte le pedine della sua diplomazia, seguendo sempre dietro le quinte. Ha sguinzagliato Ignazio La Russa, gli ha chiesto di «recuperare» Altero Matteoli che negli ultimi tempi era apparso molto critico. Ha spedito alla Camera Andrea Ronchi per sentire che aria tirava tra i suoi. Ha telefonato ripetutamente a Maurizio Gasparri. E anche questa è una novità, visto che tra i due non correva buon sangue nelle ultime settimane. «Sembra di essere tornare ai tempi di "Destra in movimento"», commenta un finiano doc, riferendosi al nome della corrente che nell'87 portò Fini alla segreteria del Msi. Il vicepremier raccoglie dati, umori, tasta il polso al suo partito in vista dell'assemblea nazionale del 23 dicembre quando porterà alla dirigenza di An un documento sulle sue dichiarazioni di Gerusalemme e soprattutto in vista della verifica del governo di gennaio. A quel punto, il partito di via della Scrofa andrà alla conta: non accadeva da quasi un decennio. Ma nelle file finiane non tira brutta aria. All'una di notte La Russa risponde al cellulare: «Che è successo? Non so nulla, ero a cinema, sono andato a vedere un bellissimo film, L'ultima alba. Storace chiede il congresso? Va bene, lo sapevo anche prima che cominciasse la pellicola. Deve avere il 30 per cento delle firme, è una norma che feci approvare io a tutela delle minoranza». Da ieri sera Fini sa che certamente c'è una base arrabbiata, critica, polemica. Che ce l'ha con il governo e con lui, e anche questa è una novità dell'ultimo decennio. Ma non c'è «molto di politico», come dicono le persone a lui vicine. Insomma, pochi deputati, pochi senatori. C'è la base, d'accordo. Alcuni esponenti locali, molti romani. Al momento, è il ragionamento che fanno a Palazzo Chigi, non ci sono molti rischi. Anche perché non si è verificata (ancora, forse) la saldatura con l'estrema destra. La Mussolini ha declinato l'invito, anche la Fiamma Tricolore con il rautiano Luca Romagnoli non ne vuole sapere e le incompatibilità e le diffidenze nella destra antagonista stanno venendo fuori. Difficile insomma che possa crescere qualcosa alla destra della destra. Questo non vuol dire che Fini farà finta di nulla. Al contrario. Spinto molto da Gasparri e da Gianni Alemanno, il leader di An è convinto a non sottrarsi al confronto con questo pezzo del suo partito. Vuole aprire un dialogo, non vuole perderli. Cercherà di recuperare la lezione almirantiana del «tutto e tutti dentro il partito». Fini vuole anche chiudere questa partita. «Basta, non possiamo stare a parlare ancora di fascismo e di antifascismo», ha detto lunedì sera al vertice del partito. «Anzi, con le mie parole si è proprio chiusa questa fase», ha aggiunto. Guardare avanti, ripetono i colonnelli di An. Guardare alla verifica di governo che ci sarà a gennaio, ai temi della destra, a come dare più peso e più visibilità alla destra nel governo. Prima però il ministro delle Comunicazioni, lo ha detto anche in pubblico ieri, vuole che si attenui il giudizio su Salò. Si dica che della Repubblica sociale anche «la passione con cui molti giovani aderirono». Mentre il responsabile delle Politiche agricole chiede più peso agli argomenti sociali, spinge per una maggiore socialità nella fase due del governo e si aspetta una apertura del vicepremier su questi punti. Da stamattina Fini sarà alla ricerca di una via d'uscita che tenga unito il partito, recuperando una parte del dissenso interno. Per fare questo nei giorni scorsi ha incaricato Matteoli di lavorare alla costruzione di una nuova maggioranza interna. L'intento è quella di mettere assieme Destra protagonista

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