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Giustizia, non decolla il dialogo sulla riforma

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L'assemblea del Senato ha avviato la discussione generale dopo aver respinto le pregiudiziali di costituzionalità presentate dall'opposizione. Il disegno di legge sarà accantonato oggi o domani, per consentire all'aula di approvare la legge Gasparri, e tornerà all'ordine del giorno la prossima settimana. L'obiettivo, assicura il presidente della commissione Giustizia Antonio Caruso, di An, è di approvare il provvedimento prima del ritorno della Finanziaria in Senato. La riforma dell'ordinamento giudiziario continua a dividere maggioranza e opposizione. L'Ulivo, è vero, non ha scelto una linea di contrapposizione frontale, ma tiene aperta la trattativa su alcuni punti, nello spirito, come spiega il diessino Elvio Fassone, relatore di minoranza, della «riduzione del danno». È per questo che il centrosinistra non ha presentato migliaia di emendamenti ostruzionistici in aula, ma si è limitato a un pacchetto di proposte di modifica. Tuttavia, il tono della polemica resta alto. Il capogruppo diessino Angius dice di essere «un pò irritato», dai continui appelli al dialogo (l'ultimo, ieri, da parte del presidente del senato Pera) e taglia corto dicendo che centro sinistra e centro destra hanno due visioni troppo diverse dei contenuti della riforma. Il suo omologo di Forza Italia Schifani gli risponde che il centrodestra vuole davvero il dialogo, ma Angius gli replica bollando le offerte della casa della libertà come «un imbroglio». In aula il relatore di minoranza Fassone dice che la riforma non può avere l'obiettivo di «mettere in riga i magistrati» mentre il relatore di maggioranza Luigi Bobbio assicura che «il disegno di legge non mette in discussione l'autonomia e l'indipendenza della magistratura». Il problema è che il centrosinistra non può in alcun modo accettare il principio della separazione delle funzioni tra giudici e pm prevista dal testo del disegno di legge votato a settembre dalla commissione giustizia: l'idea dell'accesso in magistratura attraverso due concorsi separati proprio non convince l'Ulivo, che contesta anche le norme introdotte al'ultimo momento sul divieto per i magistrati di partecipazione alle attività di partiti e movimenti politici e quelle sulle cosidette «sentenze creative». Su questi punti la Casa delle libertà offre alcune correzioni più di forma che di sostanza. Si discute invece di altri punti: la riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, la scuola di formazione per i magistrati, la carriera dei giudici, i provvedimenti disciplinari. A chiedere il dialogo con forza è il segretario dell'Udc Follini, secondo il quale bisogna chiudere questi ultimi dieci anni di burrascosi rapporti tra politica e magistratura, con con l'approvazione delle riforme in un «clima sereno» che è nell'interesse di tutti promuovere. Ma se a parlare è il numero due leghista Roberto Calderoli, la musica cambia: secondo l'esponente del Carroccio la riforma all'esame del Senato è solo il primo passo verso la separazione delle carriere (di cui l'opposizione non vuole sentire parlare in alcun modo), mentre la raccomandazione di Pera per il dialogo «è condivisibile ma non realizzabile». Si vedrà nei prossimi giorni se il dialogo farà qualche passo concreto.

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