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«Ricerca, formazione e infrastrutture»

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La richiesta è formalizzata in una lettera inviata al presidente del Consiglio Berlusconi da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil. La missiva è stata trasmessa insieme al documento sulla competitività che imprese e sindacati hanno sottoscritto pochi giorni fa, e che contiene le proposte condivise per il rilancio del sistema economico nazionale. Allo stesso tempo, Confindustria e le tre sigle sindacali chiedono al premier un incontro a breve per discutere delle proposte messe nero su bianco nel documento, che è stato trasmesso anche ai gruppi parlamentari di Camera e Senato. «Gentile presidente - si legge nella lettera - le inviamo in allegato il testo dell'accordo per lo sviluppo, l'occupazione e la competitività del sistema economico nazionale: priorità condivise in materia di politiche per la ricerca, la formazione, le infrastrutture e il Mezzogiorno, oggi raggiunto tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil. In questa fase di incerto andamento dell' economia - si legge nella lettera firmata da Antonio D'Amato, Guglielmo Epifani, Savino Pezzotta e Luigi Angeletti - si tratta di un importante contributo che le parti intendono offrire alla politica economica del governo. Siamo certi che le quattro priorità condivise nel documento costituiscano un'utile base per il confronto parlamentare sul Dpef e la legge finanziaria 2004. Le chiediamo pertanto - concludono - un incontro per poterle meglio illustrare le nostre proposte. Il Dpef che il governo si accinge a presentare rappresenta, afferma il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, «un punto nevralgico per fissare le linee di politica economica e finanziaria per il 2004 e per la possibilità di creare sviluppo e occupazione». Sarebbe un grosso errore, di cui l'esecutivo «si assumerà tutta la responsabilità, non fare sul serio, non andare a un confronto vero con le parti sociali, con il paese reale» sottolinea Angeletti. «L'economia - afferma il leader della Uil - funziona o non funziona non perchè viene deciso in qualche ufficio studi, ma perchè milioni di italiani credono o non credono in alcune aspettative».

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