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Papa Francesco, duello Parolin-Zuppi per la successione. Dall'Asia di Tagle a Grech, fino al patriarca Pizzaballa

Nico Spuntoni
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La successione di Bergoglio non sarà facile, ma ci sono già dei nomi più ricorrenti di altri. Sono i cosiddetti "papabili" e in testa a loro c’è senz’altro il cardinale 70enne Pietro Parolin. Il segretario di Stato e dunque numero due del Papa in questi anni si presenterà come un centrista e cercherà consensi tra i cardinali delle periferie anche facendo leva sulla sua notorietà. Un altro candidato forte è Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini. Il suo nome sta crescendo grazie anche alla visibilità avuta per la questione israelo-palestinese. Ha dimostrato doti diplomatiche importanti tanto da non essersi inimicato Israele nonostante le crisi che ci sono state in questo anno per via delle posizioni filopalestinesi del Papa. Gli vengono riconosciute abilità di governo ed ha saputo risanare a livello economico il Patriarcato, ha un orientamento moderato e potrebbe essere votato anche dai conservatori. Ma c’è chi lo ritiene troppo giovane per i suoi 60 anni. Il terzo favorito è Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente dei vescovi italiani. È uno dei cardinali più conosciuti al mondo anche grazie alla missione per la pace in Ucraina affidatagli da Francesco. Viene abitualmente considerato un progressista sebbene non ami le etichette, ma è anche una figura non divisiva, capace di parlare con tutti e non ostile alla Messa in latino che piace ai tradizionalisti.

 

 

Gli altri nomi "papabili" sono quelli dei progressisti Mario Grech, José Tolentino de Mendonça, Jean-Marc Noël Aveline e Luis Antonio Tagle. La febbre da conclave ha contagiato tutta l’opinione pubblica mondiale ma in particolare quella degli Stati Uniti, Paese che in Sistina avrà ben 10 rappresentanti. Spesso si è parlato di blocco americano ritenendo che i cardinali degli Stati Uniti fossero tutti espressione del mondo conservatore. Mai come nel prossimo conclave, però, questa non è la verità. Si può parlare, al contrario, di due blocchi che vedono da una parte, sul fronte che potremmo definire conservatore, Raymond Leo Burke, Daniel Nicholas DiNardo, James Michael Harvey, Timothy Dolan. Questi ultimi, non a caso, sono di creazione precedente al pontificato appena concluso. Dall’altra parte, sotto l’influenza del potente arcivescovo di Chicago Blase Joseph Cupich, ci sono gli ultrabergogliani Joseph William Tobin, Robert Walter McElroy, Wilton Daniel Gregory, Kevin Joseph Farrell. La maggior parte di loro ha in comune la vicinanza all’ex cardinale Theodore Edgar McCarrick espulso dal collegio per le accuse di molestie. L’unico americano a non essere collocabile né da una parte né dall’altra è l’agostiniano Robert Francis Prevost. Forse proprio per quest’equidistanza è anche l’unico cardinale a stelle e strisce con qualche chance di elezione. Attualmente prefetto del Dicastero per i vescovi e presidente della Pontificia commissione per l'America Latina, in questa veste ha conosciuto molti cardinali elettori sudamericani che rappresentano un blocco importante in conclave e al 90% progressista. Prevost è un progressista moderato, può essere visto come un “male minore” dai cardinali moderati. La nazionalità statunitense, in ogni caso, non lo aiuta e se proprio dovesse essere premiato il Nord America, più possibilità le hanno i canadesi Gérald Cyprien Lacroix, arcivescovo di Québec e già membro del C9 di Bergoglio, e il cardinale Francis Leo, arcivescovo di Toronto. Quest’ultimo è molto stimato da più fronti ma potrebbe essere penalizzato dall’età: solo 54 anni.

 

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