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25 aprile, lo storico Cardini: "Anche tra i vincitori c'era chi si è comportato male"

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Giuseppe China
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«Bisogna avere l’intelligenza e l’onestà di riconoscere che anche tra i vincitori c’era gente che si è comportata male. Sbagliato pensare che gli italiani più buoni siano andati tutti con la Resistenza, mentre gli altri fossero fanatici e criminali. Mattarella può salire mille volte i gradini dell’Altare della Patria, ma i vincitori del 1945, ancora non hanno convinto del tutto. Altrimenti non ci sarebbe un Paese diviso». A dirlo Franco Cardini, docente dell’Istituto Italiano Storico per il Medioevo.

 

Le spaccature sono l’elemento caratterizzante del 25 aprile 2024.
«Ricorre in un momento difficile. Si è divisi sia sulla politica estera che interna. Altrimenti non ci sarebbe stato un dibattito sulla Brigata ebraica, se il suo comportamento fosse corretto, eccessivo o provocatorio. Gli stessi israeliti sono spaccati. Mentre una parte difende, senza se e senza ma, l’Ucraina, un'altra vuole stare lontana dal quell’esercito di Kiev che al suo interno ha pezzi di neonazismo. La storia è piena di contraddizioni».

In quest’Italia, intanto, si parla ancora di antifascismo e c’è chi punta il dito contro la premier...
«Stimo Meloni, pur non essendo d’accordo spesso con lei. Cerca di governare al meglio in un quadro complesso. È a capo del primo partito dei votanti, non degli italiani. Detto ciò, non possiamo accusarla di essere fascista, pur militando in una forza che ha nel suo simbolo la fiamma, surrogato del fascio littorio. Se decidesse di toglierla sarebbe disonesta con i suoi elettori perché votata anche per questa ragione. Il discorso, piuttosto, è un altro».

Quale?
«Mentre il fascismo è chiaro nel suo essere, cos’è l’antifascismo? Dopo 79 anni c’è una parte di Paese che non si riconosce a pieno nelle cause della Resistenza. Se dopo tanto tempo non si è stati capaci di convincere sulla bontà di certe posizioni, non sarà il caso che chi si fa portatore, a pieno e in buona fede, della causa faccia un esame di coscienza?».

Perché?
«Se dopo 79 anni c’è un partito che ha un simbolo neofascista e un governo che non riesce a dire di essere antifascista, non è che un disegno non è arrivato a compimento? Quelli del 1945 hanno vinto, ma non hanno convinto e ciò non è colpa di Meloni o dei neofascisti».

A cosa si riferisce?
«Sbagliato sostenere che una parte della popolazione sta nel giusto, mentre gli altri sono mascalzoni, farabutti, idioti o peggio ancora avrebbero voluto la vittoria di Hitler. Diciamo, piuttosto, che una parte d’Italia era disorientata quando il re è scappato o quandogli è stato chiesto di combattere un nemico fino a ieri era alleato. Il fascismo, prima della guerra, pur avendo commesso errori, ha fatto cose buone.
Era una dittatura di sviluppo, che ha portato un paese agricolo alla modernizzazione».

L’Italia, dunque, si è comportata meglio di come si possa pensare?
«Bisogna avere l’onestà di riconoscere che anche tra ivincitori c’era gente che si è comportata male. Non bisogna dimenticare le donne di Salò violentate, le foibe o il triangolo della morte tra Bologna, Modena e Parma. Solo così arriveremo alla pacificazione di noi stessi e tra noi stessi. Potremo dire che il 25 aprile è di tutti solo quando anche quelli che stanno dall’altra parte si saranno convinti che pure loro hanno contribuito a farci uscire dal dramma. Altrimenti è inutile che Mattarella ci dica che festeggiare questa ricorrenza è un dovere morale. Lo sarà solo quando tutti lo riconosceranno come tale».

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