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Emanuela Orlandi, il dossier al Papa e il mistero di Padre Georg

Angela Bruni
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In Vaticano c’è qualcuno che conosce la verità sulla misteriosa scomparsa di Emanuela Orlandi, qualcuno che ha deciso di far trapelare alcune informazioni e di ometterne altre, lasciando in giro una serie di indizi che, se messi insieme, restituiscono un quadro molto ben definito. Ma, appunto, all’intricato puzzle fatto di inchieste, depistaggi, verità taciute e rapporti commissionati e poi spariti, mancano ancora dei pezzi. Quelli che ci consentirebbero di svelare il destino della giovane cittadina vaticana svanita nel nulla la sera del 22 giugno 1983. A suggerirlo è un documento di cinque pagine pubblicato nel 2017. Prima di essere divulgato, quel documento era finito nelle mani di Georg Gaenswein, il segretario particolare di Benedetto XVI, che commissionò un dossier su Emanuela a seguito del suo incontro con Pietro Orlandi del 2011 e che, due anni dopo, quando papa Ratzinger si dimise, decise cosa inserire e cosa no nella famosa cassa che il pontefice emerito consegnò al suo successore Francesco poco dopo la sua elezione. Il documento pubblicato nel 2017 è datato 1998 e intitolato «Resoconto sommario delle spese sostenute dallo Stato Città del Vaticano per le attività relative alla cittadina Emanuela Orlandi (Roma 14 gennaio 1968)». Destinato all’arcivescovo Jean Luis Tauaran e a monsignor Giovanni Battista Re, sembra sia stato redatto dal cardinale Lorenzo Antonetti, il quale in quegli anni era Presidente dell’APSA, ovvero l’ente vaticano con il compito specifico di amministrare il patrimonio della Santa Sede. Al suo interno sarebbe riportata la rendicontazione contabile delle spese sostenute dal Vaticano per gestire il rapimento della Orlandi e i costi per il sostentamento della giovane a Londra fino al 1997.

 

 

Stando al documento, quell’anno Emanuela avrebbe fatto ritorno all’interno delle mura vaticane per quelle che vengono catalogate come «pratiche finali», facendo pensare che la giovane fosse morta nella capitale britannica e poi sepolta tra le mura leoniane. Quindi, quel documento è autentico o un falso? Il fatto stesso che fosse nella cassa consegnata da Benedetto XVI a Francesco fa pensare che sia autentico, tuttavia presenta alcune incongruenze nelle modalità con il quale è stato redatto che fanno invece propendere per la seconda ipotesi. La teoria più plausibile è che non sia vero ma racconti una verità troppo grossa per essere taciuta ma troppo rischiosa per essere rivelata apertamente.

 

 

Sembra, infatti, che prima di essere diffuso, quel rapporto sia stato contraffatto ad arte per sembrare apocrifo. Alterato nella forma ma non nella sostanza, quindi, contiene elementi autentici che rivelano la sorte di Emanuela Orlandi. Nel rapporto si fa riferimento ad altri 197 allegati, tra fatture e giustificativi di varia natura, che tuttavia non risultano pervenuti. La chiave per risolvere il mistero della scomparsa della giovane è proprio in quei 197 fogli, finiti nel famigerato rapporto su Emanuela Orlandi commissionato da Gaenswein e poi sparito nel nulla. Oggi l’ex segretario di Ratzinger si ostina ad affermare che tale dossier non sia mai esistito ma il documento di cinque pagine contenuto nella cassa consegnata a Papa Francesco, insieme al Rapporto Herranz, sembra smentire le parole di Gaenswein tanto da farci chiedere chi stia proteggendo l’arcivescovo tedesco.

 

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