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Cecchettin, la lezione di Stefania Andreoli: "Prima di essere maschi o femmine..."

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L'Italia ha dato l'ultimo saluto a Giulia Cecchettin e abbracciato la sua famiglia, il dolore composto del padre Gino, la forza della sorella Elena. La psicoterapeuta Stefania Andreoli è intervenuta ad Avanti Popolo, il programma di Rai 3 condotto da Nunzia De Girolamo, spiegando che la storia della giovane assassinata dall'ex fidanzato, Filippo Turetta, ha colpito così profondamente l'opinione pubblica "anche grazie alla reazione della sua famiglia che di fatto ci ha invitato a casa loro, come loro sono entrati in casa nostra, facendoci sentire un po' tutti i parenti di questa ragazza". 

 

La studentessa 22enne era infatti "l'immagine dell'innocenza", della normalità, e questo "ci ha risvegliati ma anche spaventati, perché chi è più consapevole si è reso conto che poteva essere al suo posto, chi lo è meno ha cominciato a pensare: ma se accade a una ragazza così pulita, che sembra anche un po' più giovane della sua età, può accadere anche a me, a mia sorella, mia figlia, mia madre...". 

C'è poi la figura di Elena Cecchettin, che ha anche polemizzato con forza sul tema del patriarcato. "Dove ha trovato questa forza? - spiega Andreoli - Dal punto di vista psicologico non appena si è saputo cosa fosse successo a sua sorella la reazione è stata in qualche modo una difesa reattiva", e per questo la giovane "è stata anche criticata come se fosse un po' troppo in prima fila, un po' troppo protagonista, un po' troppo truccata per essere sinceramente addolorata. Evidentemente erano tutte sciocchezze, quello che succede di fronte ai traumi così significativi è che noi per non impazzire, per non morire psichicamente, abbiamo bisogno di difenderci", e Cecchettin lo ha fatto in questo modo, spiega la psicoterapeuta. 

 

Sul contrasto alla violenza di genere e all'educazione delle giovani generazioni, Andreoli spiega che è impensabile un cambio repentino di un sistema culturale: "Purtroppo questo tipo di trasformazioni è carsico, sono realista, non credo che le mie figlie vedranno attivato questo cambiamento, credo che a loro volta dovranno combattere per le loro figlie e le loro nipoti". "Poggiamo i piedi su millenni di patriarcato", continua l'esperta, che va oltre la mera distinzione di genere: "Il discorso va allargato all'umano, non ci sono cose da insegnare ai maschi o alle femmine, ma da insegnare alle persone. I nostri figli prima che maschi e femmine sono persone". "Non ci dimentichiamo che il femminicidio non è l'omicidio di un maschio su una femmina, ma ogni volta che parliamo di violenza di genere parliamo della violenza di un maschilista o di una maschilista su un'altra donna per cui di fatto l'insegnamento deve essere trasversale e democratico, perché siamo dentro tutti con entrambi i piedi in una cultura che di fatto vede la donna inferiore all'uomo", è il commento di Andreoli. 

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