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Omnibus, Vittorio Parsi lancia l'allarme Medio Oriente: cosa rischiamo in Cisgiordania

Gabriele Imperiale
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“Una delle conseguenze di questa guerra è tornare a riunire il mondo islamico su una causa, quella palestinese, che non si filava da anni” ne è certo Vittorio Emanuele Parsi ospite di Omnibus su La 7. La guerra in Medio Oriente – secondo il politologo – sta aprendo e ha già aperto nuovi e preoccupanti fronti nella regione e in tutto il mondo. A cominciare dalla minaccia Iran: Teheran “ha una maggior capacità di poter considerare l'allargamento del conflitto” perché che “l'Iran voglia distruggere Israele è noto” e se “oltre a dirlo, iniziassero a pensare che c'è una congiuntura astrale per riuscire davvero nell'impresa, le cose cambiano e diventano preoccupanti”. Un altro fronte caldo è il Libano, dove secondo Parsi “Hezbollah viene trattato dall'Iran come un suo pupazzo” e questo “è un cambiamento anche nella postura del Paese” che “aveva aumentato la caratura di attore politico nazionale” ma adesso ribolle e pare, secondo il politologo, “sia sempre più tornato a essere un esecutore di decisioni prese da Teheran”. Poi c'è la Cisgiordania che è - giorno dopo giorno - sempre più nel caos. “Potrebbe scatenarsi una nuova Intifada” perché - spiega Parsi che conosce molto bene i rapporti geopolitici in Medio Oriente – “Israele ha eliminato sostanzialmente gli interlocutori politici con cui poter trattare il mantenimento, l'autogoverno della Cisgiordania”. 

 

 

 

Infine, il fronte interno: “non mi sorprenderei di possibili atti all'interno di Israele, dentro la popolazione degli arabi israeliani che hanno parenti, amici sia in Cisgiordania sia a Gaza”. Preoccupazioni su preoccupazioni e il politologo intravede però una soluzione: “Mi pare che urge davvero andare verso un exit strategy” – letteralmente “una strategia d’uscita” - che “consenta di poter soccorrere le vittime civili” e poi di “trovare un modo di chiudere questa fase di bombardamenti reciproci”. Ma per fare questo, serve – sottolinea Parsi che apre così un nuovo capitolo della sua analisi – “un governo israeliano senza Netanyahu”. L’editorialista ne è convinto: “ci deve essere cambio di governo e di assunzione di responsabilità” perché “Netanyahu era stato eletto promettendo sicurezza, con qualunque modo” e invece “ha cacciato Israele nella più grave crisi esistenziale dai tempi della guerra del Kippur”.

Parsi vede delle gravi colpe nel premier israeliano, “politicamente responsabile di una serie di errori che hanno messo Israele in questa condizione e che hanno consentito ad Hamas questo tipo di azione” – si riferisce agli attentati messi in atto dall’organizzazione terroristica. “Se avesse un minimo di decenza” sottolinea il giornalista “si sarebbe già dovuto dimettere. Questo si fa nelle democrazie. Chi è responsabile politicamente non aspetta di condurre la rappresaglia, la controffensiva per cercare di cavarsi dai guai. Accetta la sua responsabilità, si dimette e se ne va” conclude Parsi. Incalzato da Alessandra Sardoni, conduttrice di giornata di Omnibus, il politologo ricorda che le eventuali dimissioni di Netanyahu “potrebbero avere degli effetti sullo scacchiere complessivo” perché “l'idea di un cambio potrebbe rimettere in moto qualcosa” e secondo Parsi, l’addio dell’attuale premier sarebbe una “condizione necessaria innanzitutto per la democrazia israeliana”.

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