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Esselunga, Minzolini sullo spot: “Il razzismo di ritorno è un boomerang per la sinistra dei diritti”

Augusto Minzolini
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La sinistra in genere e i cosiddetti progressisti in particolare hanno sempre sofferto di un sottile masochismo, di una propensione naturale a farsi del male. Negli ultimi tempi, però, la patologia si è aggravata, complici il venir meno del pragmatismo delle ultime generazioni dei dirigenti del Pci e della Dc e le contaminazioni woke che si stanno facendo largo nella cosiddetta sinistra dei diritti che tanto piace ad Elly Schlein. Il caso scatenato sui social e in politica dallo spot di Esselunga è esemplare. Un filmato che si dipana in due scene: nella prima una bimba prende una pesca mentre fa la spesa al supermercato insieme alla mamma; nella seconda offre il frutto al padre separato dicendogli che è un regalo della mamma. Lo spot ha suscitato emozioni che hanno diviso i giudizi sui social e sui giornali. Ieri poi un tweet positivo di Giorgia Meloni ha anche dato involontariamente una coloritura politica alla vicenda. Il premier si è attirato le ire di chi ha scambiato quella pubblicità per un inno alla famiglia tradizionale e di chi ha trovato di cattivo gusto o inopportuno il suo intervento (Pierluigi Bersani e Alessia Morani del Pd).

 

 

Ora non mi lancio in congetture sul significato di quello spot, se sia giusto o meno rappresentare la sofferenza comune a tanti figli di genitori separati. Una realtà innegabile, basta parlare con qualsiasi psicologo. Mi limito a ragionare sulla sinistra dei diritti, sui cosiddetti liberal, partendo dal presupposto che tutti hanno il diritto di dire la loro, di rappresentare le proprie emozioni, i propri sentimenti. A me, ad esempio, non verrebbe mai in mente di criticare, e tantomeno contestare, l’idea, o meglio la regola invalsa nelle serie tv statunitensi che hanno sempre un’impostazione marcatamente gay friendly e hanno sempre un personaggio interpretato da un uomo di colore (a cominciare dal pelide Achille). È naturale rappresentare, garantire le minoranze. È una conquista della società occidentale. Ma se questo ha un senso, allora davvero non capisco come si possa mettere in discussione chi in uno spot pubblicitario, o in qualsiasi manifestazione di pensiero, immagina che un figlio o una figlia di genitori separati possano star male e si assuma la libertà di rappresentarne la sofferenza.

 

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