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Migranti, Cassese difende il governo: “Non è incostituzionale la selezione degli immigrati”

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Il costituzionalista Sabino Cassese in un’intervista interviene con l’Adnkronos interviene sulla questione migranti, sbarchi e navi Ong e commenta: «Immagino che le Ong abbiano consultato gli Stati di cui le navi battono la bandiera, i quali debbono aver reagito nello stesso modo in cui hanno reagito rispetto alla iniziativa del governo italiano». Ma «fare la voce grossa non è nell’interesse nazionale» che «può essere soddisfatto soltanto con un impegno collettivo», andando «più d’accordo possibile con l’Unione europea». «I decreti Piantedosi (uno per ogni nave impegnata in operazioni Sar) sono fondati sull’articolo 1.2 del decreto-legge 130 del 2020, che ha riscritto, con modifiche, un’analoga norma introdotta l’anno prima dal governo Conte I. Dispongono il divieto di sostare nelle acque territoriali nazionali oltre il tempo necessario per assistere le persone in precarie condizioni di salute. Si tratta, quindi, di atti amministrativi conformi ad una legge nazionale. Altra questione è se la legge nazionale sia legittima costituzionalmente - spiega il costituzionalista -. Da questo punto di vista, bisogna tener conto della disposizione dell’articolo 10 della Costituzione, secondo il quale lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge». 

 

 

Nessun margine di incostituzionalità pertanto nella cosiddetta ‘selezione’ dei migranti a bordo delle navi in quanto «sotto il profilo del diritto interno, vale quanto appena detto, che comporta una verifica uno per uno della situazione degli immigrati. Questo obbligo è imposto dal diritto internazionale, secondo il quale vi è un divieto di respingimento collettivo, divieto rafforzato dalle norme convenzionali sovranazionali». Tra l’altro «come si evince anche dalle premesse dei decreti interministeriali, l’Italia ha cercato di avvalorare la tesi secondo la quale l’accoglienza degli immigrati spetterebbe allo Stato di cui ciascuna nave batte la bandiera - sottolinea Cassese - Da ciò conseguirebbe un obbligo del comandante della nave di accertare a bordo se l’emigrante ha diritto di asilo». 

 

 

Cassese ricorda che «non è la prima la prima volta che nel mondo si cerca di operare sul concetto di frontiera per tenere sotto controllo l’immigrazione. Gli Stati Uniti d’America hanno la regola delle 100 miglia, all’interno delle quali un immigrato individuato non ha gli stessi diritti che sono assicurati sul territorio americano a tutte le persone». Come interpreta allora il rifiuto delle Ong a presentare richiesta di asilo agli stati battenti bandiera mentre in acque internazionali? «Immagino che le Ong abbiano consultato gli Stati di cui le navi battono la bandiera, i quali debbono aver reagito nello stesso modo in cui hanno reagito rispetto alla iniziativa del governo italiano, una volta che le navi sono entrate nelle acque territoriali italiane», risponde evidenziando poi la necessità di «un inquadramento complessivo» del fenomeno in corso della così detta ‘emigrazione economica’, non contemplato nell’articolo 10 della nostra Costituzione. Secondo il costituzionalista, «il governo ha cominciato bene con le dichiarazioni programmatiche, che insistevano sulla regolazione delle partenze, non degli arrivi, e con l’idea di un piano a favore dei paesi africani, denominato piano Mattei».

 

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