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Greta Thunberg, anche lei è passata di moda: "Adesso servono nuove storie"

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Pietro De Leo
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Finisce così, che le mode passano. D'altronde anche Giacomo Leopardi, scrisse un dialogo tra moda e morte a sottolineare il facile abbraccio della seconda sulla prima. E così, Greta Thunberg ventila l'addio alla scena pubblica, in un'intervista all'agenzia stampa svedese TT: «Dovremmo anche ascoltare i resoconti e le esperienze più colpite dalla crisi climatica. È ora di consegnare il megafono a coloro che hanno davvero storie da raccontare», sottolineando che il mondo ha bisogno di «nuove prospettive».

 

Non sarà mai una Carneade, Greta, perché in realtà sulla sua epopea mediatica si sintetizzano i calcoli sbagliati dell'Occidente. Una parte di essi sono di merito. Oscurata dal Covid, la sua piattaforma ideologica, per usare gergo politico, è stata completamente smontata dalla grave crisi energetica attuale.

Dopo aver anelato alle energie pulite siamo corsi a cercare le chiavi delle centrali a carbone. Dopo aver concionato con disinvoltura di rinnovabili davanti al calorifero comodamente alimentato dal gas russo, abbiamo capito quanto esse sono sì fondamentali, pur tuttavia attualmente insufficienti e siamo stati piazzati davanti al bivio se rassegnarci alla decrescita infelice o acconciarci nel modo migliore che possiamo, a costo di pigliarci qualche libertà ulteriore con l'intangibilità ambientale. Ricominciando a trivellare sul fondo del mare per tirar fuori il gas, sfruttando le macchie boschive per ricavarne energia da biomassa, sacrificando qualche campo per i pannelli fotovoltaici. Abbiamo anche capito chela transizione verso l'elettrico, subordinata del verbo ecologico, è anch' essa una gran fregatura perché consegna le nostre economie al cappio di un regime come quello Cinese, che detiene il primato della filiera delle batterie, e di quei Paesi del Terzo Mondo su cui comunque Pechino esercita la sua egemonia e sono ricchi di litio, che è materia prima.

 

Per ridurre l'impatto dovremmo, anche in questo caso, scavare qui da noi, in territorio europeo, per tirar fuori il prezioso minerale, ed ecco allora che, di nuovo, il dogma dell'intangibilità ambientale viene meno. Ma c'è pure un altro aspetto connesso alla triste parabola. Ed è di metodo. Greta è il segno di quell'Occidente che ha ridotto messaggi politici complessi alla dimensione di gadget trionfo della semplificazione, del moralismo, solleticando le pubbliche opinioni sulla logica del «buoni contro cattivi» quando invece la questione è molto più complicata di così. E allora ecco che questa adolescente, oggi giovane donna di diciannove anni, in treccine «funzionava» come volto «buono» da contrapporre al «cattivo» Donald Trump, cui rivolgeva sguardi contriti e rabbiosi. Ecco una buona quota di Capi di Stato ossequioso dinnanzi a questa figura quasi messianica, un bel po' digiuna di nozioni scientifiche. Dando l'idea di una politica pronta ad abdicare ase stessa dinnanzi ad un simbolo dall'enorme carica moralistica. Non solo la politica, anche la scuola. Con i presidi e i prof di mezzo mondo pronti a chiudere più di un occhio se i loro studenti di scuola saltavano il venerdì di lezione per partecipare ai «freedom for the future», messa laica dove questa piccola sacerdotessa in impermeabile giallo era di volta in volta attesa, con il nugolo di taccuini e telecamere tutto intorno, pronti a captare la sua prossima profezia di fine del mondo.

 

E bastava che si voltassero di qualche grado, quei taccuini e quelle telecamere, piazzandosi innanzi a uno dei partecipati a quei raduni della gioventù impegnata, per raccogliere vagonate di castronerie o ammissioni candide che quella in corso era una magnifica occasione di saltare la scuola. In fin dei conti accade sempre, quando la panna è così montata o si squaglia presto o cade in contraddizione. Perché il fenomeno Greta, con tutta la sua surreale idolatria, ha riguardato in misura maggiore l'Occidente.

Dall'altra parte del mondo, in India e Cina, dove si inquina in gran copia, non v' è stata la minima attenzione. Ed anzi, la signorina con il suo codazzo di spin doctor, genitori divenuti vip, promotori d'immagine, così austera di qua, s' è sempre mostrata assai mansueta, per non dire silente. Dunque noi, raccogliendo i cocci di questa parabola che finisce, piangiamola disgrazia dei nostri cuori, passati a palpitare dal glorioso «I have a dream» al ben più modesto «bla bla bla» in poco più di cinquant'anni.

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