Alemanno e Falbo scrivono al Papa: "Risvegli la coscienza di chi decide"
"Padre Santo, ci permettiamo di scriverLe alla vigilia del «Giubileo dei Detenuti che Lei celebrerà domenica prossima (oggi ndr) nella Basilica Vaticana. Siamo due persone detenute nel Carcere di Rebibbia che non hanno nulla da chiedere per sé stesse, se non la Sua paterna benedizione. Ma la nostra esperienza ci ha fatto confrontare in profondità con la realtà delle carceri italiane e costatare con i nostri occhi il declino sempre più drammatico che questa istituzione sta attraversando, aggravando in modo insopportabile le condizioni della popolazione detenuta. Sappiamo che nel suo ruolo di Padre universale il prossimo 14 dicembre volgerà lo sguardo a tutte le persone detenute in ogni angolo della Terra, chiedendo di porre ovunque termine alle atroci pratiche della pena di morte e della tortura, pensando in particolare alle condizioni inumane in cui sono detenute tante persone nel Sud del Mondo. Anche noi sentiamo questo urlo silenzioso che si leva da tutte le carceri, soprattutto quelle più dure e spietate. Le rendiamo però testimonianza diretta di quello che avviene in Italia e in particolare a Roma, Città di cui Lei è Vescovo.
Nel nostro Paese, ormai da molti anni, si sta compiendo una transizione verso il basso che sembra inarrestabile. Le carceri italiane diventano ogni giorno sempre più fatiscenti e degradate, mentre cresce un sovraffollamento che sta superando ogni limite di guardia, giungendo al 138.39% con 63.831 persone detenute su 46.124 posti disponibili. A Roma, l’antico Carcere di Regina Coeli è stato dichiarato in parte inagibile per il crollo di una porzione del soffitto e nel Carcere di Rebibbia, dove noi siamo detenuti, è stato raggiunto il sovraffollamento del 153,37% con 1.638 persone detenute a fronte di 1.068 posti disponibili, mentre ancora oggi parti significative del riscaldamento non funzionano. Queste condizioni livellano verso il basso tutti i percorsi esistenziali di chi sta scontando una pena: chi vuole comportarsi male si trova a suo agio nel caos del sovraffollamento, mentre chi vuole ricostruirsi un percorso di vita pulito, chi vuole riabilitarsi e reinserirsi, vede invece crescere in modo insormontabile le sue difficoltà. Questo disagio investe ovviamente anche i familiari delle persone detenute e il personale in servizio negli Istituti di pena, il cui organico è ormai largamente sottodimensionato. L’effetto più evidente di questa situazione è il numero di persone detenute che negli ultimi anni si sono tolte la vita.
Nel 2024 i suicidi in carcere sono stati 83, circa 12 suicidi ogni 10.000 persone detenute, mentre nella popolazione italiana si registrano circa 0,66 suicidi ogni 10.000 abitanti (ultimi dati OMS 2019). Quest’anno, fino ad ora, sono 73 le persone detenute che si sono tolte la vita, mentre 135 sono quelle morte per altre cause. Non siamo solo noi ad affermare queste verità: sempre più spesso la Magistratura di sorveglianza riconosce a persone detenute in Italia la violazione dell’art. 3 della «Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali», articolo intitolato «Divieto di tortura» che recita «Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti». Non fu un caso se il Suo predecessore Papa Francesco di v.m. scelse di aprire la Porta Santa nel nostro carcere, inserendo nella Bolla giubilare un inequivocabile appello: «Propongo ai Governi che nell’Anno del Giubileo si assumano iniziative che restituiscano speranza; forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società; percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un concreto impegno nell'osservanza delle leggi». Padre Santo, Le chiediamo di lanciare, in occasione del Giubileo dei Detenuti, un nuovo appello per risvegliare le coscienze di persone che non hanno mai vissuto dietro le sbarre e per le quali le carceri sono un mondo lontano e vergognoso, di cui è giusto dimenticarsi. Persone che operano nell’informazione, che rappresentano gli apparati dello Stato dedicati all’amministrazione della Giustizia, che decidono le leggi in Parlamento e nel mondo politico. Che Giubileo della Speranza sarà, se questa speranza non arriverà anche nelle carceri italiane? Se si dovesse concludere senza che «forze di amnistia o di condono della pena» vengano decise dal Parlamento italiano? Santità, confidiamo nella Sua guida e nella Sua preghiera affinché il grido di chi è «ultimo» e dimenticato nelle carceri possa essere ascoltato, e affinché la politica trovi il coraggio e la saggezza di agire con umanità e giustizia. Con questi sentimenti chiediamo la Sua paterna Apostolica Benedizione per tutte le persone detenute e il personale delle carceri. Con filiale devozione".
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