
Ciò che non siamo, ciò che non vogliamo

Non voglio vivere in un'Italia dove ci sono ragazzi disagiati nel parco. Non voglio vivere in un'Italia dove quei ragazzi si affidano a Imam islamici che vogliono convertirli. Non voglio vivere in un'Italia dove un carabiniere in servizio è trattato dai giudici come un delinquente in fuga. Non voglio vivere in un'Italia dove una rom fa un figlio all'anno per poter rubare senza andare in galera. E non voglio vivere in un'Italia dove la magistratura fa le leggi con le sentenze anziché applicarle. Non so se queste affermazioni siano di destra o di sinistra e me ne frega molto poco. Perché non voglio vivere in un'Italia dove tutto è destra e sinistra, perfino il buonsenso.
Intolleranza e Islam, un Paese nella morsa dell'odio: si moltiplicano i casi
Nessuno pensa che un immigrato debba perdere dignità o diritti umani ma ciò che vedo succedere è che in nome della parola integrazione che io riscriverei in «disintegrazione» chi ha perso più diritti in questo paese sono i pensionati, le famiglie monoreddito, gli operai, i precari, l'ossatura dell'Italia che non ce la fa più e che sente parlare solo di diversità. Come se quella parola fosse un valore in sé e non lo fosse invece il suo contrario: uguaglianza. Non voglio vivere in un'Italia dove le categorie di cui la sinistra aspira al voto sono più uguali degli altri.
Ronde islamiche nei parchi, così vogliono convertire i giovani "fragili"
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