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Cerno: spiazzati dalla virata di Ursula von der Leyen

Tommaso Cerno
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Se il sottofondo musicale di questo momento politico è la marcia contro Giorgia Meloni della sinistra italiana che occupa piazze e inneggia al fascismo, il barometro dei tempi che cambiano lo segna Ursula von der Leyen. Se Donald Trump con i suoi modi spicci sta dicendo al mondo che i rapporti con l'America non sono più scontati (a mio parere non lo sono dall'elezione di Obama che ha messo a ferro e fuoco il Mediterraneo, aperto alla Cina con la svalutazione del dollaro e isolato l'Europa in un monologo su green e immigrazione che l'ha fatta crollare su se stessa in pochi anni) Bruxelles sta uscendo dalla monorotaia su cui si è mossa nell'ultimo decennio. Ursula sa che il Partito popolare deve cambiare priorità e sta spingendo socialisti e verdi a seguirla su riarmo e immigrazione, in cambio di politiche economiche capaci di ridare ossigeno al vecchio motore industriale del continente. Una scelta che avvicina l'Ue al governo italiano, rendendo Meloni strategica nella fase di trattativa sull'Ucraina e sulla rinascita dell’asse con gli Usa.

 

 

E che sarebbe un'occasione d'oro per rimettere in carreggiata l'opposizione italiana persa nei meandri di un neofascismo ideologico che nei fatti non esiste e non porta verso il governo del Paese. Eppure l'ossessione post berlusconiana di una destra illegittima ha portato Schlein sulla strada di un movimentismo talmente velenoso per i Democratici da riuscire a riportare il Pd da un percorso di crescita elettorale naturale a un ridimensionamento letale. Si chiama provincialismo ed è il male che oggi ha la democrazia italiana. L'ha capito perfino Calenda.

 

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