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Elezioni, alle Europee è un'altra storia: il voto disgiunto non esiste

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Gabriele Di Marzo
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Per qualche ora la Sardegna è divenuta il baricentro d’Italia. Le elezioni regionali, vinte sul filo del rasoio dal campo largo del centrosinistra con la candidata grillina Alessandra Todde, hanno ricevuto una particolare attenzione mediatica. Tanto che, tutte le strade, parevano portare a Cagliari. Da quelle locali a quelle nazionali. L’esito, lungo ed estenuante, è stato atteso e sui social commentato, come l’evento del mese. Dopo il Festival di Sanremo, si intenda. Opinionisti di ogni genere, dalla più disparata provenienza formativa, hanno osato un giudizio. Anche coloro che, nella settimana santa sanremese, sembravano vivere da una vita solo a pane, canzoni e tv. Già allora alcuni avevano, ma neanche troppo, nascosto l’elemento ideologico. Venuto fuori tutto ieri. Quando, ora dopo ora, l’ipotesi di sconfitta per Truzzu, candidato del centrodestra si faceva sempre più concreta. A metà serata, un commento di un medio blogger, mi ha riportato alla realtà. Ha scritto, pressappoco, «signori il vento sta cambiando». Ricorda una celebre frase di una grillina che, per un quinquennio, ha amministrato e disamministrato la città di Roma. Per lei quel vento, dopo cinque anni, è cambiato davvero. Non è arrivata neanche al ballottaggio. Ma è altra storia.

 

 

Se la politica è anche numeri, in Sardegna le liste della coalizione di centrodestra arrivano prime sfiorando il 50% dei voti. Staccando di quasi 8 punti percentuali la coalizione di centrosinistra. La differenza, vera, si è determinata sui candidati presidenti e sul voto disgiunto. Qui, la Todde, ha fatto meglio di Truzzu. E su questo, il centrodestra, dovrà ragionare. Tra le altre cose, la sommatoria delle liste di centrodestra ottiene quasi dieci punti in più rispetto alle elezioni politiche del 2022. Allora valicò di poco la soglia del 40%. Oggi, è anche vero, ci sono molte più liste in campo. Perché, alle regionali, mediamente è così. Ma il discorso vale per tutti. E se si facesse la sommatoria dei risultati che alle politiche ebbero le liste del centrosinistra, che allora in verità erano ancora un campo stretto, insieme si arriverebbe quasi al 50% dei consensi. Oggi, con più liste in campo, l’alleanza progressista si ferma al 42,6%. È solo un dato, sono solo numeri. Passati e presenti, ma pur sempre numeri. Che servono, non di certo a rideterminare alcun risultato locale. Non è quello, in alcun modo, l’intento. È più un umile e forse banale consiglio: prima di asserire o pensare che «il vento sta cambiando», ci penserei. Anche perché le elezioni Europee sono alle porte. Proporzionale puro. E li, ovviamente, non esiste voto disgiunto. Per l’appunto.

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