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Mara Venier, la lezione della conduttrice di Domenica In

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Gabriele Di Marzo
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C’è una fetta, non centrale ma tantomeno marginale, che ha una riserva di odio da non sottovalutare. Come il mio kway nella sella del motorino: sempre pronto all’uso in caso di pioggia. Non da ora, si intenda. Ma, come ho più volte scritto, i social in questo sono un catalizzatore unico e oserei dire anche assurdo. Il fatto ultimo, cronologicamente parlando, è noto a tutti. Puntata, consueta, di Domenica In speciale Sanremo direttamente dal palco dell’Ariston. Mara Venier, ad un certo punto, legge un comunicato stampa firmato da vertici Rai. Lo farà, nella sostanza e pochi minuti dopo, anche il Tg1. Il tema è delicato: la guerra, tragica, in corso tra Israele e Palestina. Un racconto che, il servizio pubblico, dal 7 ottobre in poi ha fatto pedissequamente. Ma non è questo il punto. Pochi minuti dalla lettura e una parte della rete si scatena. Tanto che, dopo qualche ora, mi son detto: se tutti quelli che hanno commentato questo episodio avessero visto Domenica In, il programma avrebbe fatto l’80% di share medio. Solo per inciso, ha fatto la metà. Che è, per chi mastica di numeri, un risultato straordinario.

 

 

 

Mara, dicevamo, si è ritrovata una sequela di insulti sotto gli ultimi post della sua pagina Instagram. Quella che per tutti è stata sempre la «Zia Mara» in un attimo è sembrata divenire il peggiore dei mali. Bene ha fatto a bloccare i commenti sulla sua pagina. Il libero pensiero non contempla mai il libero insulto. Ed è, in questo, una lezione per tutti. Per chi non si sognerebbe di dissentire insultando. Perché, diciamolo, chi ha la riserva di livore pronta all’uso, non ha alcun diritto a tirarla fuori. Senza alcuna remora. E magari senza aver mai visto una puntata di Domenica In. Non intendo questa di Sanremo. Intendo proprio mai. Perché, se così non fosse stato, non avrebbero mai potuto tacciare la conduttrice di censura nei confronti degli artisti. Peccato che lo abbiano fatto anche alcuni che conoscono i tempi del mezzo televisivo. Veloci e diretti, soprattutto con una scaletta lunga ed articolata da rispettare. Anche se, proprio in questo, non sempre Mara riesce. Proprio perché pecca positivamente, e lo scrive chi ha avuto modo di lavorarci, di generosità. Di tempi lunghi e dinamiche cordiali con gli ospiti.

 

 

 

Il contrario, insomma, della censura. Che poi anche taluna politica, evidentemente a corto di discussioni domenicali, non abbia perso tempo per commentare, fa riflettere. Per certi versi è sacrosanto così, peccato che il livello di alcune dichiarazioni sia stato, seppur con parole più forbite, sulla stessa linea degli odiatori di professione. Con quell’ansia da prestazione, tipica della politica, che spesso non consente analisi oggettive di ruoli e responsabilità. Non consente visioni non partigiane. Non fa approfondire, valutare e riflettere prima di parlare o scrivere. Che è poi, più in generale, anche il male del nostro secolo. In un attimo, sul nostro divano e di Domenica pomeriggio, conseguiamo un master immediato in geopolitica e relazioni internazionali. Quando, se facessimo universalmente valere solo il principio dell’umanità, non condanneremmo alcune cose per poi dimostrare, attraverso i nostri commenti, l’esatto contrario nell’attimo seguente. Ma è il nostro tempo. Dove gli eventi lontani sono commentati in un modo e, quelli più vicini, vissuti in un altro. Dove tra predicare e praticare c’è grande differenza. Per fortuna che, anche domani, è Domenica.

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