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Giulia Cecchettin, l'ideologia della sinistra che non si indigna per le donne islamiche

Cicisbeo
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Ha ragione il direttore: in tragedie come quella di Giulia Cecchettin un bel tacer non fu mai scritto. Invece stiamo vedendo di tutto: dai giudizi perfidi sulla sorella della vittima all’infame strumentalizzazione politica, fino alla colpa attribuita non all’assassino ma alla società patriarcale, contro cui le femministe scenderanno in piazza sabato, mettendo sotto accusa – ci mancherebbe altro – anche il governo di destra. In questa gara insensata, il colmo lo ha superato Lilli Gruber imputando alla premier di essere pervasa di cultura patriarcale, lei che il padre non lo ha quasi conosciuto ed è quindi cresciuta in una famiglia tutta al femminile. Ma, in fondo, l’Italia è questa, e la faglia ideologica mai veramente richiusa provoca divisioni laceranti anche di fronte agli atroci femminicidi che dovrebbero unire nella condanna a chi li ha commessi e nella solidarietà a chi si trova condannato a vivere nel dolore per la perdita di una persona cara. Invece tutto il peggio possibile finisce nel tritacarne dei social, e anche le riflessioni alte di cui sono colme le articolesse dei giornali – sempre le stesse – alla fine lasciano il tempo che trovano, così come purtroppo né inasprire le norme del Codice rosso, né introdurre l’educazione affettiva nelle scuole potrà risolvere un problema che prima che sociale attiene alla sfera soggettiva dell’imperscrutabile animo umano.

 

Ogni teoria ha un fondo di verità, e ne ha quindi anche la demonizzazione della cosiddetta società patriarcale, ma sorprende che questo riflesso pavloviano dell’indignazione scatti solo nei confronti dei modelli di vita occidentali e mai contro la tragedia epocale della discriminazione femminile nel mondo islamico. Schiacciare la donna, renderla schiava, eliminarla da ogni ruolo nella società, è un dogma del fondamentalismo: è una cosa insita nel potere stesso, non puoi essere padrone se non usi ogni mezzo legislativo, religioso e civico per umiliare la donna. Non a caso il maggiore fra gli storici del Medio Oriente, Bernard Lewis, ha sempre notato come il fallimento storico della società islamica sia legato alla segregazione femminile, più o meno accentuata: «L’emancipazione politica delle donne ha fatto passi significativi dove i regimi parlamentari funzionano. Non ha peso nelle dittature controllate dall'esercito o dal partito, per la grande maggioranza maschili. E alla fine... l’opinione pubblica e conservatrice maschile resiste al cambiamento. Dove esso domina, la condizione femminile ha sofferto i peggiori rovesciamenti, come in Iran».

 

Lo sanno questo le studentesse e gli studenti universitari di Padova che si mobilitano contro la violenza sulle donne dopo l’omicidio di Giulia e allo stesso tempo stanno dalla parte di Gaza, dove – come in Iran – è permesso di sposare una bambina di dodici anni se c’è il permesso dei genitori? La schiavitù sessuale delle bambine è una piaga spaventosa nell’Islam, come l’infibulazione, anche se non è ordinata dal Corano, e viene praticata clandestinamente anche in Italia. Anche qui gran parte delle immigrate musulmane vive in uno stato di costrizione come e più che nei loro Paesi di origine, e questo è un paradosso che spiega molto bene quanto sia difficile integrare l’Islam nelle società occidentali. I dossier presentati al Parlamento sono sconvolgenti, e descrivono sistematiche situazioni di violenza domestica, fisica e morale. Il non voler portare il velo, il non voler contrarre matrimoni poligamici, la resistenza a sottostare a stili di vita opprimenti dal punto di vista psicologico e fisico porta a chi si ribella conseguenze spesso devastanti, e il loro destino è di rimanere fantasmi senza alcun diritto, recluse in casa, nella paura e nell’indifferenza. Per chi osa ribellarsi il quadro di violenza che emerge è drammatico: maltrattamenti, abusi sessuali e psicologici, segregazione, percosse, stalking, minacce, mutilazioni genitali fino all’omicidio come è accaduto a Hina e Saman, uccise dalle famiglie per essersi occidentalizzate. Ma quando si parla della condizione delle donne islamiche l’indignazione permanente di Me Too e sinistra sfuma, immancabilmente, in un assordante silenzio. 

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