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I muri imbrattati non sono la risposta per l'ambiente

Mario Benedetto
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Tra le prime immagini del nuovo anno che avremmo voluto vedere non c'è quella del Senato imbrattato, fatto reso ancor più triste dalle motivazioni che stanno all'origine del fatto. Intanto non è bello nei confronti di un edificio, palazzo Giustiniani, che fa parte del nostro patrimonio di beni culturali. Questo palazzo risale addirittura al XVI secolo: fatto edificare da monsignor Vento, fu poi acquistato nel 1590 da Giuseppe Giustiniani, membro della famiglia genovese da cui erediterà il nome. Il suo soprannome di "piccolo Colle" è dovuto proprio al fatto che ospiti la sede della seconda istituzione dello Stato, il Senato della Repubblica. È questo l'altro motivo per cui il gesto di sfregio dispiace, non solo dal punto di vista culturale, ma anche di rispetto nei confronti di uno dei principali luoghi della politica, che rappresentano di fatto noi italiani. Andiamo però alla sostanza, del ragionamento s' intende. Dovessimo, infatti, andare al senso del gesto avremmo ben poco da scrivere.

 

 

Quel che spiace, infatti, è la deriva ideologica che sta assumendo un tema delicato e determinante per il nostro futuro qual è la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema, del mondo in cui viviamo. Averlo trascurato per anni ha una ragione di (scarsa) cultura, che ha visto affrontarlo come se non si trattasse di casa nostra e, dunque, di noi. La seconda è una ragione che ha visto le epoche precedenti concentrarsi su obiettivi di industrializzazione a scapito della tutela delle risorse ambientali, finché non ci sono stati segni di cedimento e insofferenza dall'ambiente. Danni e allarmi oggi siamo in grado di quantificare e toccare con mano, dall'inquinamento, che va dalle città ai mari, sino alla questione del clima. Anche qui sopraffatta piacere di una gita in spiaggia a dicembre, che nasconde in realtà rischi futuri da prendere in seria considerazione. Detto ciò, se la risposta è bloccare il traffico delle tangenziali o, peggio ancora, danneggiare monumenti, opere d'arte o palazzi istituzionali, siamo fregati.

 

 

Siamo fregati perché il nichilismo e la mancanza di rispetto che anima questi gesti, evidentemente figli di un pensiero vago o del tutto assente, non può che portare alla degenerazione di un dibattito che invece deve quantomai basarsi su analisi e proposte costruttive. Ecco, quelle che dobbiamo chiedere alle istituzioni. Imbrattarle serve a poco e, va da sé, non produce effetti se non sanzioni e pene che, anzi, è il momento diventino più certe e severe anche su questi fronti. Per la violenza dell'atto in sé, per la propagazione di gesti che devono, invece, portare a condanne tanto da parte della legge tanto a livello "sociale": è chiaro a tutti, infatti, che queste azioni abbiano ben poco a che fare con l'ambientalismo, o qualsiasi altro ideale nobile, e siano più questioni di vandalismo. Ecco, di questo non abbiamo proprio bisogno. Iniziamo a chiamare con il loro nome cose e azioni, come gli assenteisti che chiamiamo "furbetti" e che di furbo hanno ben poco. Come questi vandali: il primo danno che fanno, infatti, è proprio quello alla loro causa. Forse proprio per il fatto che non è quella che pensano, vogliono o possono riconoscere. Né quella che serve. A loro, come a nessuno di noi.

 

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