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A sinistra c'è solo una parola d'ordine: criticare Meloni. A prescindere

Alessandro Usai
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Abbiamo sottovalutato Giuseppe Conte. Bisogna essere onesti. Molti lo indicavano come il curatore fallimentare di un Movimento ormai bollito, evaporato, superato. Nella peggiore delle ipotesi Conte era addirittura additato come il becchino dei 5 Stelle. E invece l'avvocato del popolo ha capovolto la sentenza, ha superato il Partito democratico nei sondaggi e si sta prendendo la leadership di tutta l'opposizione. Gli è riuscito l'ennesimo carpiato: i 5 Stelle erano nati anche per distruggere il sindacato e ora sotto la guida felpata di Conte li abbracciano per criticare il governo. Allo stesso tempo però, abbiamo sopravvaluto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. Astro nascente della sinistra, sembrava l'uomo pronto a prendere le redini dell'intero fronte progressista. E invece si ritrova in balia dell'onda anomala contiana. Sì signore. Ha ragione, signore. Vado avanti io, signore. Come è potuto accadere tutto questo? Semplice. Basta seguire il consolidato canovaccio che a sinistra funziona sempre: attaccare Meloni. Insultarla. Minacciarla persino, nelle rappresentazioni più becere.

 

 

Lo schema si era già capito in campagna elettorale: il centrosinistra sventolava la bandiera identitaria del terrore fascista, l'onda nera, il pericolo dell'ultradestra. Tutto fumo per una chiamata alle armi che nelle urne non c'è poi stata. Chissà perché. I problemi reali evidentemente erano altri. Adesso l'ordine è accusarla, fronteggiarla in tutti i modi, cavalcando ogni critica sulla manovra, esasperandola all'inverosimile, riuscendo anche a stravolgere il senso stesso di una puntualizzazione. Prima qualche rilievo della Corte dei Conti, poi l'analisi di Bankitalia, dell'Ocse, qualche sottolineatura di Confindustria e da ultimo l'affondo dei sindacati. Questo ha regalato anche qualche momento di involontaria comicità. Sì, perché 21 miliardi sui 35 della manovra il governo li ha destinati al caro bollette ma il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri a margine dell'incontro con il premier si è lasciato scappare la frase che «con i tavoli non si pagano le bollette e non si mangia». Ma come? Che significa che con i tavoli non si mangia? I soldi per le bollette sono stati previsti. Ma non va mai bene niente.

 

 

Viene in mente la canzoncina «per fare il tavolo ci vuole il legno, per fare il legno ci vuole l'albero, per fare l'albero ci vuole il seme, per fare il seme ci vuole il frutto, per fare il frutto ci vuole un fiore. Per fare un tavolo ci vuole un fiore». È una filastrocca per bambini. Andrebbe rivista, aggiungendo che con i tavoli non si mangia. Non ha senso, è vero. Chissà se almeno è orecchiabile. E Meloni che fa? Deve armarsi di tanta pazienza, assicurando che «se mettessimo in fila tutte le richieste non ci sarebbero le risorse per fare tutto». Che senso ha criticare a prescindere? Nessuno. Fa niente. Nel dubbio attaccare Meloni. Sui fatti ci sarà tempo. E se non dovessero esserci, pazienza.

 

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