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Luigi Di Maio abbia coraggio e si affidi ai navigator

Domenico Giordano
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Eppure un profilo come quello di Luigi Di Maio, ora che il suo decennale percorso politico pare giunto agli sgoccioli, dovrebbe trovare lavoro senza particolare fatica o, come spesso capita in questo Paese, senza neanche affidarsi a qualche raccomandazione politica. Non solo perché come dichiarava lo stesso Ministro il 31 luglio del 2019, «oggi inizia una rivoluzione nel mondo del lavoro, molti giovani italiani quando arriveranno nei Centri per l’impiego avranno un’opportunità grazie ai navigator», ma perché uno con il suo cursus honorem nelle istituzioni italiane non ha nulla da temere, così come non ha motivi per deprimersi perché teme di essere scavalcato da chi ha meno titoli. Certamente Luigi Di Maio avrà già i migliori cacciatori di teste alle calcagna pronti a offrirgli ponti d’oro, benefit a go go e contratti con laute parti variabili. Anche perché, a dar retta agli annuari parlamentari, meglio di lui c’è stato solo il Divino Giulio, che a 28 anni era già sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con Alcide De Gasperi, mentre tutti gli altri pentastellati della prima ora, da Danilo Toninelli a Roberto Fico, da Alfonso Bonafede a Carlo Sibilia, nessuno può vantare le medesime esperienze di Gigino.

 

 

 

A 27 anni era senza colpo ferire il più giovane vicepresidente della Camera della Deputati che l’Italia abbia mai avuto ma, nonostante questo esordio affatto irrilevante nella gerarchia dei poteri repubblicani, ha continuato a subire le ripetute canzonature di Vincenzo De Luca che in più di un’occasione rammentava, mentre le due pupille esondavano felici dalle orbite oculari, «mi hanno dato un curriculum vitae di Di Maio e come attività professionale vanta questo: svolgo la professione libera di web master, questa è una cosa grossa, il webmaster che è una formula elegante per dire lo sfaccendato, non faccio niente». Però, fatta la tara alle invettive dello Sceriffo, dettate in parte da una sana rivalità politica e non di meno da incredulità mista a gelosia per i successi del suo conterraneo, Luigi Di Maio può aggiornare il suo CV aggiungendo alle esperienze precedenti di webmaster, carpentiere e di steward presso lo stadio del Napoli, quelle di Vicepresidente del Consiglio, Ministro dello Sviluppo Economico, del Lavoro e delle politiche Sociali e, giusto per chiudere con il botto il suo passaggio nei palazzi romani, Ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale. Insomma, in poco meno di dieci anni, dal 2013 al 2022, Di Maio ha inanellato una serie di incarichi che è difficile pensare che questo palmares non gli porti in dote una qualche contropartita lavorativa, una consulenza, una poltroncina in qualche consiglio di amministrazione, insomma, ci sarà certamente qualcuno che si muoverà a compassione per dargli uno straccio di riconoscimento per il servizio reso alla Repubblica Italiana. In fin dei conti Luigi Di Maio rimane comunque l’inventore dell’abolizione della povertà, e ancor di più di quelle figure misteriose che sono i navigator, «alfieri di un modo nuovo di portare avanti le politiche attive in Italia». Uno così, con buona pace anche di Vincenzo De Luca, una seconda opportunità la merita a prescindere.
 

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