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Banche sempre più ricche, la politica intervenga

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Riccardo Pedrizzi
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Le banche sono imprese come tutte le altre e come tali devono produrre utili per remunerare adeguatamente il capitale, ma sono anche imprese che svolgono un servizio alle famiglie ed alle imprese. In effetti contribuiscono allo sviluppo della comunità, rappresentando un fattore di coesione sociale. Per tale motivo il profitto non può essere l'unico obiettivo delle proprie attività. A questo ruolo, che è di carattere economico sociale, culturale e solidaristico, non sembra abbia assolto una parte del nostro sistema bancario, se è vero che, a differenza di famiglie di imprese, soprattutto le Pmi, che, durante tutto il periodo della pandemia e poi della guerra Russia-Ucraina non se la sono passata bene, ha conseguito profitti che non avevano mai visto, nemmeno prima della crisi pandemica.

Infatti dall'analisi dei bilanci al 31/12/2021 risulta chiaramente che sia le grandi banche che quelle medio piccole hanno registrato consistenti aumenti dei loro utili, che per i primi dieci istituti hanno raggiunto gli 8,5 miliardi di euro con notevoli incremento rispetto all'anno precedente. Tutte hanno beneficiato della forte ripresa economica nazionale, del favorevole spread sui Btp e delle garanzie statali sui prestiti alle imprese che hanno consentito il rientro delle posizioni moratorie. Anche per il corrente anno l'andamento per le banche è rimasto notevolmente positivo, mentre a causa dell'inflazione che ha falcidiato stipendi, salari e pensioni e dell'aumento di tutte le materie prime, la situazione di famiglie e imprese è ulteriormente peggiorata.

Nei primi sei mesi di quest'anno infatti gli utili delle banche risultano ancora in crescita perfino rispetto all'anno 2021 che era stato eccezionale. Se si esaminano i bilanci dei sette maggiori istituti italiani, ad esempio, vediamo che hanno conseguiti utili per 6.502,2 miliardi di euro in questi primi sei mesi del 3022. Da questi alti profitti è derivata una remunerazione del capitale con dividendi ai soci delle banche a livello record. I fattori che hanno determinato questi risultati sono stati: la notevole contrazione dei costi di gestione con la chiusura di migliaia di sportelli (in 10 anni quasi 12.000 da 32.881 a 21 mila 650), che hanno lasciato sguarniti 3000 comuni; poi il taglio del personale dell'8% con una perdita di 24.000 posti di lavoro ed altri 5008 se ne perderanno prossimamente.

Inoltre nei ricavi sono aumentate tutte le spese fisse dei conti correnti a carico dei clienti, come ha rilevato la stessa Banca d'Italia e il più grande sindacato di bancari, la Fabi; poi si sono innalzati i tassi di interesse sugli affidamenti e si è pressoché azzerata la remunerazione dei depositi. Peraltro continuano ad emergere pratiche commerciali scorrette come quelle, ad esempio che condizionano l'erogazione di un mutuo alle sottoscrizione di costose polizze assicurative o come quelle che subordinano la concessione del mutuo all'apertura ed alla tenuta di un costoso conto corrente. Sarebbe perciò necessario che la politica, e quindi il prossimo governo, iniziasse a svolgere in questa direzione un'azione di moral suasion nei confronti di tutto il sistema bancario, che, peraltro, ha retto molto bene sia alle passate crisi finanziarie che a quelle della pandemia e della guerra.

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