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La stampa autorevole e l'attacco insensato a Giorgia Meloni e Matteo Salvini

Riccardo Pedrizzi
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Se chi mastica un po' di conservatorismo (per qualcuno di noi come Marcello Veneziani, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano e, per ultimo, il sottoscritto almeno da sessant'anni) avesse qualche perplessità o qualcosa da dire sul progetto politico del Centrodestra che si candida a governare l'Italia, certamente articoli velenosi e pieni di acredine come quello di Sergio Fabbrini apparso su «Il Sole 24 Ore», ci toglierebbe ogni dubbio e ci porterebbe a prendere posizione apertamente a loro favore. Persino la semantica viene utilizzata per demonizzare la Meloni e Salvini, ripetendo diverse volte ed in più di un'occasione la parola «nazionalista»: la destra per Fabbrini è sempre e solo «nazionalista». E poi che dire delle domande retoriche che si pone e che pone al lettore, dandosi anche le sue velenose risposte: «non è certo che i probabili vincitori di quelle elezioni, la destra nazionalista di Giorgia Meloni e Matteo Salvini accetteranno i vincoli della nostra costituzione materiale (interdipendenza europea)». Si tratta in effetti di un editoriale velenoso e strumentale quello del professor Fabbrini, che ha avuto una caduta di stile, lasciandosi andare in beceri riferimenti ai nazionalismi e ai populismi, riferendosi in genere alla destra italiana.

 

 

Nella sua analisi in un fondo che il giornale di Confindustria titolava sulle presunte minacce «istituzionali» della «destra nazionalista di Meloni e Salvini», il professor Fabbrini si è spinto al punto da ipotizzare ripercussioni sulla Costituzione formale sulla base di presunte svolte anti-europeiste di un futuro governo di centrodestra. Fabbrini tira in ballo posizioni critiche inizialmente formulate da Lega e Fratelli d'Italia sulla ripartizione dei fondi del Pnrr ampiamente superate nei fatti dal dibattito parlamentare, ma anche futuri conflitti sul sovranismo legislativo con la Ue che minaccerebbe le istituzioni, gli equilibri e gli assetti istituzionali. Tutto ciò nonostante quello stesso articolo ammetta che i «paletti» alla supremazia delle norme europee su quelle nazionali siano stati sollevati diverse volte da forze politiche della nazione più europeista del continente, la Germania. Chi sa cosa sia davvero il conservatorismo a cui fa riferimento Giorgia Meloni nel suo programma politico non può che ritenere gratuiti i sospetti e i dubbi sollevati artificiosamente ed artatamente dall'articolo dell'autorevole quotidiano degli industriali italiani, che scopriamo più interessato alla polemica strumentale nei confronti di quelle forze politiche che hanno buone possibilità di uscire vincenti alle prossime elezioni di settembre, piuttosto che ai programmi economici.

 

 

I dubbi sulla capacità di Giorgia Meloni e Matteo Salvini di accettare i vincoli della nostra costituzione materiale sembrano più adatti a essere rappresentati su un giornale di partito della sinistra che sull'organo ufficiale di chi rappresenta il motore del Paese ed è chiamato a vigilare sulla serietà delle idee e non sulla retorica delle parole. Ed, oltretutto, ci fanno tornare indietro a delle categorie del dibattito politico ormai superate dalla storia.

 

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