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Le elezioni e il solito vizio della sinistra: mascherare le contraddizioni accusando i rivali

Andrea Amata
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Nell’orizzonte politico della sinistra si staglia la sconfitta elettorale e poiché si è assuefatta al potere, senza il conforto delle urne, il 25 settembre rappresenta una minaccia da esorcizzare, evocando il pericolo dispotico contro Giorgia Meloni e insinuando rapporti di subalternità fra Matteo Salvini e il Cremlino. È la narrazione routinaria della sinistra che oggi, dopo aver descritto per anni Silvo Berlusconi come l’infido “cavaliere nero”, ripercorre la solfa dell’emergenza democratica, mutando bersaglio nel disperato tentativo di placare il verdetto elettorale. Sui presunti legami tra Salvini e la Russia il segretario del Pd, Enrico Letta, chiede chiarimenti, ventilando pressioni di Putin sulla Lega per far cadere il governo Draghi e indebolire il fronte occidentale. Eppure, i fatti dovrebbero suggerire maggiore lucidità di analisi ai dem, perché dalla loro osservazione viene confutata la dietrologia di certi ambienti progressisti, i quali sono interessati ad assegnare agli episodi cause diverse da quelle dichiarate e accertate con l’intento di fabbricare una realtà parallela a quella effettiva. In tale contraffazione della verità si riconduce la manovra abusata della sinistra di mostrificare l’avversario, imputandogli nostalgie antidemocratiche, mai testimoniate, o sottomissioni a potenze autarchiche, in nessun caso dimostrabili. Anzi, in Parlamento la linea atlantista è stata rivendicata da quelle forze politiche che qualcuno vuole, in modo arbitrario, annoverare come quinta colonna del nemico.

 

 

Tuttavia, ritorniamo ai fatti: le prime dimissioni di Draghi da presidente del Consiglio sono consequenziali alla defezione del M5s sul decreto Aiuti, da cui si origina la crisi che deflagra con l’anticipato epilogo della legislatura. Se dovessimo ritenere attendibile la tesi che la caduta dell’ex banchiere centrale sia stata eterodiretta da Putin, dovremmo sollevare dei dubbi sulla condotta di Giuseppe Conte, che è identificabile come il principale provocatore del processo politico di attrito con Palazzo Chigi, conclusosi con lo scioglimento delle Camere. I fatti, da tutti osservabili, sono esenti da smentite e chi afferma il contrario, immergendosi in una dimensione parallela, vive in uno stato di ipnosi o vuole distogliere i cittadini dalla verità per manipolarne la percezione. Da qui al prossimo 25 settembre assisteremo ad un’escalation di invettive e falsificazioni, prescindendo dai contenuti programmatici e reiterando lo schema abusato della demonizzazione dell’avversario.

 

 

La sinistra tace sulle contraddizioni della propria coalizione in fieri che prevede la coesistenza fra Nicola Fratoianni di Sinistra italiana, ostile all’agenda Draghi e contrario alle trivelle per estrarre il gas, e Carlo Calenda di Azione che, oltre a riconoscersi nelle politiche draghiane, non lesina riprovazione verso i pregiudizi ambientalisti di ostacolo all’autosufficienza energetica. Insomma, la sinistra mentre riproduce l’agglomerato delle incompatibilità politiche, pur di prevalere nella competizione elettorale, tenta di mascherare tale ammucchiata orgiastica con la retorica dell’infondato rischio democratico qualora dovesse vincere il centrodestra. Un tentativo patetico che già in altri tempi è stato respinto dagli elettori, che non si sono lasciati incantare dai pifferai magici di estrazione progressista, perché consapevoli della destinazione infausta in cui volevano condurli.

 

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