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Il Pd crede di avere l'anello magico che consente solo a lui di governare

Nuccio Bovalino
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Rileggere Calvino per analizzare il quadro politico attuale. Le «Lezioni americane» dello scrittore, ciclo di conferenze che avrebbe dovuto tenere all'Università di Harvard, sono un prezioso scrigno che contiene trame e intuizioni utili a leggere anche il presente. Fra le pieghe della seconda lezione, Rapidità, vi è incastonato un breve racconto: la leggenda del Re Carlomagno. Il sovrano, racconta Calvino, si innamorò di una donna follemente. Alla morte della sua amata, il re rimase a vegliarla inconsolabile, trascurando i suoi doveri reali. L'arcivescovo dell'Impero scoprì l'esistenza di un anello sotto la lingua del cadavere della donna. Intuendo fosse un oggetto magico, e quindi la causa dell'ossessione di Carlomagno, se ne impadronì. Dal momento in cui lo prese fra le mani, Carlomagno riversò il suo amore verso l'arcivescovo. Questi, imbarazzato dalla situazione, gettò l'anello nel lago di Costanza. Da quel giorno il re si liberò immediatamente della passione per il prelato e s' innamorò del lago, non volendo più allontanarsi dalle sue rive. Calvino usa questo breve racconto come esempio di narrazione in cui il ritmo e la velocità determinano anche maggiori sollecitazioni per l'immaginazione di colui che legge. La leggenda del Re Carlomagno nasconde anche una lezione sulle dinamiche del potere che può tornare utile sia per il centrodestra, costretto ad affrontare una campagna elettorale piena di veleni, sia per il centrosinistra, vittima di un senso di superiorità morale e ideologica che risulta goffa nel tentativo di delegittimare l'avversario.

 

 

La leggenda dell'anello magico ci parla infatti del potere e delle dinamiche che lo caratterizzano. L'anello è la metafora del potere: colui che lo detiene diviene amabile ed è legittimato dal solo fatto di possederlo. Per illustrare meglio tale dinamica dell'anello può tornarci utile la polemica innescata dal centrosinistra sulle possibili conseguenze per la politica estera in caso di vittoria del centrodestra. I progressisti stanno provando a coinvolgere nell'agone elettorale direttamente l'America, imbastendo attraverso i media di riferimento una sorta di talent show politico per far «votare» dagli americani il miglior rappresentante dell'atlantismo in Italia. L'America è nazione la cui cultura è però pregna di pragmatismo e realismo, attitudini che le hanno consentito fino a oggi di eludere ogni tentativo «sinistro» di indicare una preferenza sul futuro governo italiano. È logico, quindi, che non avranno problemi a dialogare e riconfermare un legame ormai strutturale con i vincitori delle elezioni, con coloro che indosseranno «l'anello magico» del potere. Al di là del colore politico.

 

 

D'altronde, come si potrebbe far apparire pericoloso un possibile governo di centrodestra guidato eventualmente da una convinta atlantista come la Meloni? Sorge il dubbio che il problema stia altrove e abbia più una dimensione psico-politica. Pare quasi che il Pd, avendo gestito il potere per così tanto tempo, tramite operazioni di ingegneria parlamentare, ritenga ormai impossibile che altri siano degni o capaci di governare. Il Pd ha creduto quindi di essere il potere, dimenticando che esso non è frutto di una investitura divina ma è materia fluida che attraversa diverse entità, incarnandosi di volta in volta in forme diverse. Ed oggi c'è la possibilità che assuma il volto e le idee di un centrodestra pronto a sfilare l'anello magico dalle dita del centrosinistra. 

 

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