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DDL lavoro: sintesi delle principali novità   

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Avv. Alessandra Maniglio, Head of Employment & Benefit Deloitte Legal 

Lo scorso 9 ottobre è stato approvato dalla camera dei deputati il disegno di legge n. 1532-bis-A, passato alle cronache come “DDL Lavoro”.  Il provvedimento suscita, ormai da mesi, l’interesse e la curiosità dei vari attori del mercato del lavoro e sta già alimentando i primi dibattiti in merito ai potenziali impatti. Una volta approvato in via definitiva il testo da parte del Senato quali saranno, quindi, le principali novità?

Una prima importante modifica riguarda la compatibilità, in via generale, tra attività di lavoro subordinato o autonomo ed integrazione salariale, a fronte della riduzione del trattamento. Ad oggi la riduzione del trattamento è possibile solo se il dipendente in cassa integrazione svolge attività di lavoro subordinato di durata superiore ai 6 mesi; in caso di attività lavorativa per una durata pari o inferiore a sei mesi è prevista la sospensione del pagamento dell'indennità di cassa. Questa modifica dovrebbe agevolare la ricollocazione del personale in cassa, concedendo una maggiore possibilità di sperimentare nuove occupazioni senza perdere completamente il diritto al pagamento del trattamento di integrazione, anche in caso di rapporti di lavoro di breve durata.

Il decreto affronta, poi, il tema delicato del periodo di prova nei contratti a tempo determinato, in cui il datore gode di ampia discrezionalità nella determinazione della durata. La norma prevede una importante tutela minima, con l’introduzione di un periodo di prova “legale” per i contratti a termine. Quest’ultimo, in particolare, dovrà essere proporzionale alla durata del contratto e, fatte salve le eventuali e più favorevoli disposizioni dei contratti collettivi, la relativa durata dovrà essere pari ad 1 giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario. In ogni caso, la durata del periodo di prova non potrà complessivamente eccedere i 15 o i 30 giorni, a seconda che il contratto a termine abbia una durata fino o superiore a 6 mesi, ma comunque entro i 12. 

Con l'evidente finalità di agevolare l'occupazione il DDL Lavoro introduce, altresì, il contratto “misto”, che apre alla possibile coesistenza tra contratti di lavoro autonomo e di lavoro subordinato, consentendo, a determinate condizioni, di mantenere il regime forfettario della cd. flat tax per i lavoratori autonomi (professionisti e non) che abbiano sottoscritto anche un contratto di lavoro subordinato. I due contratti (autonomo e subordinato) dovranno essere stipulati contestualmente e, in particolare, il contratto di lavoro autonomo dovrà essere certificato ai sensi del D. Lgs. 276/2003. Non vi dovrà, poi, essere sovrapposizione tra oggetto, modalità della prestazione, orario e giornate di lavoro dei due contratti. 

Trattandosi di un rapporto ibrido, sconosciuto al panorama legale odierno, bisognerà, quindi, prestare la massima attenzione a gestire correttamente la “coesistenza” tra due rapporti di natura differente tra loro. 

Un'altra modifica molto attesa dagli addetti ai lavori riguarda la disciplina delle assenze ingiustificate. Poiché si assiste, nella prassi, ad un utilizzo distorto di queste ultime per arrivare al licenziamento e beneficiare della NASPI, il DDL Lavoro introduce un’ipotesi di “dimissioni implicite”, già ribattezzate “dimissioni in bianco”.  

In caso, infatti, di assenza ingiustificata oltre il termine previsto dal contratto collettivo (nel caso in cui il CCNL non preveda un termine, il periodo di assenza rilevante sarà quello eccedente 15 giorni), il datore di lavoro dovrà comunicare all’ITL territorialmente competente l’assenza. In tale eventualità, ferma la possibilità per l’ITL di verificare la veridicità della comunicazione, il rapporto di lavoro verrà considerato cessato per dimissioni e non sarà necessario il rispetto della procedura telematica che deve essere eseguita oggi perché le dimissioni siano valide ed efficaci. Ciò, a meno che il lavoratore non dimostri l’impossibilità, per causa di forza maggiore o fatto imputabile al datore, di comunicare i motivi giustificanti l’assenza.

Questa è sicuramente la modifica più rilevante, con un impatto significativo nella gestione dei singoli rapporti di lavoro e che meriterà sicuramente adeguati approfondimenti alla luce del testo definitivo che verrà approvato.

Dubbi sorgono, infatti, circa l’obbligatorietà del coinvolgimento, da parte del datore di lavoro, del competente ispettorato del lavoro, ogniqualvolta si realizzi un’ipotesi di assenza ingiustificata anche se, stante il tenore letterale della norma, pare arduo poter sostenere il contrario. Parrebbe, di fatto, determinarsi una (potenziale e ricorrente) ingerenza dell’autorità pubblica, nell’ambito dell’organizzazione datoriale e, in generale, delle prerogative imprenditoriali. 

In fase applicativa, dunque, potrebbero sorgere casi di contenzioso frequenti, determinati da quella che appare come una sorta di sovrapposizione “legale” tra dimissioni e assenze ingiustificate, con conseguente (ed illogica) impossibilità per il datore di lavoro di addurre queste ultime come potenziale ragione di recesso dal contratto di lavoro.  

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