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A tu per tu con La Capria. Giovanna Stanzione: così è nato "La vita salvata"

Valentina Pelliccia
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Raffaele La Capria, una delle voci più significative della Letteratura del Novecento, all'età di novantotto anni torna in libreria con "La vita salvata" (Mondadori, in collaborazione con Delia Agenzia Letteraria), volume in cui si racconta a Giovanna Stanzione, scrittrice esordiente nata nel 1988.

Si tratta di un confronto, basato su una serie di incontri, tra due generazioni distanti che poi diventa un rapporto autentico, uno scambio profondo di esperienze di vita. Nonostante la notevole differenza di età ciò che li ha uniti è stata l'importanza attribuita da entrambi alla scrittura, "qualcosa di necessario, come un organo esterno che filtra la realtà". 

Inizialmente scettico, Raffaele La Capria ringraziò Giovanna quando completò il romanzo. Le disse che quello che facevano, per lui, era come un sughero: lo teneva a galla. Si era accorto che, vicino alla fine, quello che contava per lui era ciò di cui discorrevano insieme: poesia, letteratura, verità, memoria. Giovanna Stanzione ha risposto ad alcune domande per IL TEMPO.

Com'è nata l'idea di scrivere questo libro insieme?

Lavoravo come lettrice editoriale per l’agente di Raffaele La Capria, Enzo D’Elia, che aveva letto anche alcuni miei scritti. Propose allora a La Capria di conoscermi per vedere se si potesse fare un libro insieme. All’inizio La Capria sembrava scettico, ma poi ci incontrammo di persona e nel corso di quel primissimo incontro dove parlammo a lungo accadde qualcosa, fu come se ci riconoscessimo, come se ci fosse qualcosa di familiare tra noi. 

Cosa rappresenta per te la scrittura?

Ho sempre voluto essere scrittrice. Lo decisi a quattro anni, quando chiesi a mia nonna di insegnarmi a scrivere prima ancora di iniziare la scuola. Non riesco ancora a spiegarmi come una bambina così piccola subisse tanta fascinazione dalle storie, ma così era e così è rimasto sempre. Anche quando mi iscrissi a giurisprudenza, continuando fino al dottorato, finché poi mi resi conto che era arrivato il momento di dare un’occasione alla me che non aveva mai smesso di scrivere. Lasciai tutto, mi trasferii a Torino per dedicarmi finalmente alla scrittura.

Perché Raffaele La Capria inizialmente sembrava scettico?

Perché quello che informa e anima la sua vita è la devozione alla bellezza. Non si sarebbe perdonato di lasciare, proprio alla fine, qualcosa che non ne fosse all’altezza. 

Perché "La vita salvata"?

Quando ho proposto La vita salvata come titolo a La Capria, l’ho fatto perché prendeva spunto da una considerazione che aveva fatto spesso nei suoi libri: che ciò che vale la pena di salvare della vita non è tanto quella che abbiamo vissuto, quanto quella che rimane dopo averne scritto, dopo averla raccontata. A lui questa idea del titolo piacque. Anche se segretamente, in cuor mio, per me la vita salvata del titolo era la mia. In quel periodo in cui lavoravo al libro stavo affrontando un momento difficile e le conversazioni con La Capria erano per me un’oasi di salvezza. Un giorno glielo confessai, gli dissi che la vita salvata del titolo era la mia, e lui rispose che no, la vita salvata era la sua che veniva recuperata attraverso la scrittura. Alla fine, davanti alla mia perplessità, disse: facciamo così. Facciamo che ci salviamo a vicenda.

Quali sono gli insegnamenti di Raffaele La Capria in questo libro?

L’insegnamento fondamentale è quello di spogliarsi di tutti quei concetti, astratti e mentali, e di vivere ogni cosa sentendola. Affermare nella vita, come nella scrittura, il proprio grido di celebrazione dell’esistenza che dice semplicemente: io sono qui. Io esisto.

Come sei venuta a conoscenza di La Capria?

"Ferito a morte" fu il primo libro che acquistai da sola in libreria, avevo circa tredici anni. Mi aveva attirato inspiegabilmente il titolo, sentivo che aveva qualcosa a che fare con me anche se non sapevo ancora spiegare cosa. Lo lessi poi dopo alcuni anni e compresi quanto quell’intuizione fosse giusta e quanto La Capria parlasse anche di me. Questa sensazione, comune ai suoi lettori di qualunque età e latitudine, spiega l’importanza e il successo del libro.

Quale tipo di rapporto siete stati in grado di creare?

Un rapporto umano di profondo riconoscimento. Al di là delle uguali passioni letterarie, dell’uguale modo di intendere la scrittura, c’è stato qualcosa che ci ha fatto sentire a casa, l’uno con l’altro, ed è qualcosa di difficilmente spiegabile, penso una stessa attitudine verso il prossimo e verso se stessi.

E' stato facile unire due stili di scrittura diversi, due mondi, età , due vite diverse?

C’è un’incredibile affinità tra noi due. A volte era come se fossimo uno solo, lontano da tutte le contingenze di età, sesso, esperienze di vita.

Hai voluto far trapelare il suo lato umano?

Il lato umano di La Capria è prezioso e raro quanto quello letterario. Chiunque l’abbia conosciuto di persona lo sa e si porterà per sempre dietro quella magnifica, strabordante carica umana di cui La Capria gli ha fatto dono.

Qual è il lato umano di Raffaele La Capria che emerge dalla lettura di questo testo letterario?

Un uomo perennemente curioso dell’Altro. Una frase che cita sempre di Anton Pavlovic Checov è quella che dice che uno scrittore deve avere anche un “talento umano”. Lui ce l’ha, ha una sensibilità attenta e generosa, che unisce alla sua ironia acuta e scherzosa e alla sua profonda intelligenza speculativa.

Cosa è la bellezza per La Capria? perché è così importante per lui, secondo te?

La bellezza è la cosa più importante. Lui mi disse che il senso che secondo lui aveva dominato la sua vita non era tanto quello etico, ma quello estetico. La bellezza salva ogni cosa, come diceva Dostoevskij, perché dà a ogni cosa un significato eterno.

Perché la scrittura salva la bellezza?

Perché scrivendo della bellezza che tu cogli, non una generica, astratta, ma proprio quella bellezza lì, che ti appartiene, cui tieni come se fosse te stesso o una persona cara, tu la stai salvando dalla dimenticanza e dal nulla, la stai avvolgendo nella corazza dura e resistente del linguaggio per farla vivere ancora, sotto una nuova forma.

Cosa rappresenta la scrittura per La Capria? perché è l'ultimo atto amoroso?

La scrittura per La Capria è un atto erotico. Lui scrivendo dà al prossimo tutto se stesso. Credo sia una delle cose più preziose e rare.

Cosa rappresenta Napoli per lui?

Napoli per La Capria è come una madre: gli ha dato metà dei geni che porta dentro, lo ha cresciuto al suo seno, con il suo cibo, le sue storie, i suoi atteggiamenti. Ma poi, come da una madre, per sopravvivere, per essere se stesso, ha dovuto allontanarsene per cercare la sua propria identità.

Qual è la riflessione di Raffaele La Capria sullo scrittore e la morte?

Che nulla, nemmeno la letteratura, può salvare l’essere umano che è lo scrittore dall’oblio e dalla dimenticanza. Tutti sanno chi è Dostoevskij ma nessuno potrà mai neppure lontanamente conoscere chi fosse l’essere umano che ha scritto i suoi libri. La gloria letteraria non salva dalla dimenticanza, eppure si scrive per questo.

Com'è per La Capria la scena letteraria attuale?

Non segue più molto attivamente la scena letteraria italiana che alla lontana gli appare senza coraggio, appiattita su schemi passati, ma ha un’enorme incrollabile fiducia nei giovani e nel nocciolo resistente della letteratura.

Qual è l'ideale di scrittore per La Capria?

Uno scrittore dal cuore illuminista, direbbe lui. Uno scrittore che cerchi, il più onestamente possibile, di raggiungere la sua verità, una qualunque, e aggiunga così il suo tassellino al quadro mobile e vivo della tradizione letteraria.

Qual è il consiglio che lui ha dato a te e ai giovani scrittori?

La Capria mi ha detto di scoprire quale sia la cifra più profonda e vera della mia esistenza, perché solo raggiungendo quella consapevolezza si può compiere quel passaggio, necessario alla letteratura, dal soggettivo all’oggettivo, dal tuo piccolo particolare all’universale.

Quali sono le cose che Raffaele La Capria ti confida di avere più paura di lasciare al termine della sua vita?

La Capria ama la vita, nelle sue sfumature intellettuali, in quelle sensuali, in quelle sentimentali. Ama la bellezza, le persone, il bel tempo, il buon cibo. Ha nostalgia di tutto e gode di ogni cosa. Ma non ha paura. Almeno così mi è parso. E questa è forse la cosa più ammirevole e stupefacente di lui.

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