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Israele, per Netanyahu l'accordo non è un vincolo: "Entreremo a Rafah"

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Gli equilibri in Medio Oriente sono saltati e l'ipotesi di una tregua è sempre meno concreta. Nonostante gli incessanti appelli in senso contrario della diplomazia internazionale, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito anche che le forze armate dello Stato ebraico entreranno nella città di Rafah, nel sud di Gaza, "per eliminare Hamas". E ciò, ha sottolineato il premier, avverrà "con o senza un cessate il fuoco e un accordo sulla liberazione degli ostaggi". Netanyahu, come del resto diverse altre volte nelle scorse settimane, ha quindi aggiunto che l’ipotesi di porre fine alla guerra prima che Israele abbia raggiunto i propri obiettivi "non è un’opzione". Dunque, ha dichiarato Natanyahu durante un incontro con i rappresentanti delle famiglie di ostaggi, "entreremo a Rafah e annienteremo tutti i battaglioni di Hamas che si trovano lì - e questo avverrà con o senza un accordo - per ottenere la vittoria totale".

 

 

"L’evacuazione della popolazione da Rafah è già iniziata" in vista dell’avvio dell’operazione militare che "avverrà presto" e che è sostenuta da "tutti i ministri" del governo. Lo ha dichiarato Netanyahu, incontrando delegazioni dei familiari degli ostaggi tenuti a Gaza e dei parenti di soldati uccisi. Il primo ministro, citato dai media locali, ha quindi definito "estremamente bassa" la possibilità di un accordo con Hamas che porti alla liberazione degli ostaggi. Intanto, le Brigate Ezzedin Al-Qassam, l’ala militare di Hamas, ha affermato che gli interessi politici personali del primo ministro israeliano sono la ragione per cui gli ostaggi israeliani rimangono nella Striscia di Gaza. "I vostri figli sono prigionieri a causa degli interessi politici di Netanyahu", recita il messaggio inviato dalle Brigate Al-Qassam attraverso la piattaforma Telegram alle famiglie degli israeliani detenuti a Gaza. Ciò è avvenuto dopo le dichiarazioni di Netanyahu in cui confermava l’intenzione di attaccare la città di Rafah. 

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