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“La guerra con la Russia è alle porte”. In volo i caccia italiani

Alessandra Zavatta
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Caccia italiani intercettano due aerei russi sul Mar Baltico. Avevano quasi raggiunto il confine della Polonia e non rispondevano alla richiesta di identificazione via radio. Per un attimo l’Europa è stata col fiato sospeso. Nel 1939 la guerra iniziò proprio in Polonia, quando la corazzata tedesca Schleswig-Holstein aprì il fuoco contro un deposito militare alle porte di Danzica. E dalla Polonia adesso arriva l’allarme per un nuovo conflitto mondiale. «La guerra in Europa è un pericolo reale, per la prima volta dal 1945», sostiene il premier Donald Tusk, dopo che Varsavia è stata costretta a far alzare i caccia perché, nel conflitto tra Russia e Ucraina, per trentanove secondi un missile ha attraversato i cieli polacchi. Poteva essere interpretato come un attacco. Invece il colpo era diretto a Leopoli. In prima linea ci sono anche gli Eurofighter italiani. In ventiquattr’ore l’allarme per i velivoli della task force Air 4th Wing, schierati nella base polacca di Malbork, è suonato due volte. L’attivazione è stata richiesta per intercettare velivoli non identificati che stavano attraversando il Baltico nello spazio aereo internazionale ma senza identificarsi. E questo ha fatto pensare al peggio.

 

 

Dalla Germania il Centro di comando delle operazioni aeree dell’Alleanza Atlantica ha fatto scattare l’allerta. I caccia dell’Aeronautica militare italiana che operano nell’ambito della missione di Enhanced Air Policing hanno scovato e identificato i «trasgressori», per poi rientrare presso la base di Malbork. La task force Air 4th Wing impiega quattro Eurofighter provenienti da Gioia del Colle, Trapani e Istrana. I piloti, superaddestrati, sono pronti a intervenire 24 ore su 24, non appena viene segnalata una traccia radar sospetta. Uomini e donne alla cloche e personale tecnico sono distaccati presso l’aeroporto Krolewo. Operano al fianco della Polish Air Force a protezione del fianco nord-est della Nato. Questa è la seconda volta che un contingente italiano viene impiegato in Polonia. La tensione è in questi giorni altissima: ieri di missili sull’Ucraina ne sono caduti trentatanove. «Abbiamo abbattuto diciassette Kh-101, cinque Kh-59 teleguidati e quattro Iskander-K», fa il conto il Ministero della Difesa di Kiev. Gli altri hanno centrato il bersaglio, provocando morte e distruzione. Dei sessanta droni-suicidi Shahed iraniani «sparati» da Mosca sulle postazioni nemiche, la contraerea ucraina è riuscita ad intercettarne cinquantotto. La battaglia è stata dura. Tanto che frammenti di uno degli aerei senza pilota è finito su una fattoria a Insula Mare a Brailei, un isolotto sul Danubio in terra romena. Nessuno è rimasto ferito ma l’incidente poteva allargare il conflitto per il patto di mutuo soccorso che vige nella Nato. Bucarest ne fa parte dal 29 marzo 2004. Vent’anni esatti sotto l’ombrello dell’Alleanza Atlantica. Ne è seguita una protesta formale e l’apertura di un’indagine da parte del dicastero della Difesa romeno.

 

 

A giugno Kiev dovrebbe ricevere i primi sei F16 chiesti dal presidente Volodymyr Zelenski per contrastare l’assalto russo. In autunno ne dovrebbe arrivare un’altra quarantina. «Stiamo scivolando in una fase prebellica», sottolinea il premier polacco Tusk. «Non voglio spaventare nessuno, ma la guerra non è più un concetto del passato». «Ogni scenario è possibile», aggiunge chiamando non troppo velatamente alle armi gli altri Paesi Nato: «Dobbiamo essere pronti». A raccogliere il testimone, finora, è stato soltanto il presidente francese Emmanuel Macron, che ha chiesto alle industrie di «dare priorità alla fabbricazione di armi e munizioni» e non ha escluso di ricorrere alla requisizione degli strumenti di produzione per accelerare l’economia di guerra. Secondo fonti russe la Francia si preparerebbe a mandare duemila soldati a combattere per la difesa dell’Ucraina. Intanto da Mosca il presidente Vladimir Putin ribadisce di non voler attaccare la Nato né altri Paesi europei. Ma sugli F16 avverte: «Per noi sarebbero un obiettivo legittimo, non importa dove si trovano e se decollano da basi in Paesi terzi».

 

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