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Russia, “firme non valide”. Escluso dalle presidenziali il candidato pacifista

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La Commissione elettorale centrale russa (Cec) ha rifiutato di ammettere alle presidenziali di marzo l’unico candidato apertamente contrario al proseguimento della guerra in Ucraina, Boris Nadezhdin, su cui puntava gran parte dell’opposizione. La Cec ha invalidato più di 9.000 firme a suo sostegno: in totale, la Cec ne ha verificate 60.000 e per essere ammessi alla competizione elettorale la quota di firme irregolari non deve superare il 5%. Nadezhdin aspirava a sfidare il presidente «eterno» Vladimir Putin, che correrà anche questa volta per assicurarsi un quinto mandato (da sei anni) senza reali sfidanti alle urne.

 

 

Nel 2020, il leader del Cremlino ha promosso controversi emendamenti costituzionali per ripristinare i limiti del mandato presidenziale, aprendogli la strada per rimanere al potere almeno fino al 2036. Dopo l’invasione dell’Ucraina, nel febbraio 2022, la Russia ha inasprito le sue già severe leggi contro il dissenso pubblico e ha mandato in prigione decine di persone per essersi pronunciate contro quella che ha imposto di chiamare «operazione militare speciale».

 

 

Sulla scheda nelle elezioni previste dal 15 al 17 marzo, ci saranno solo altri tre nomi oltre quello di Putin, tutti provenienti da partiti di opposizione «di facciata» e di fatto sostenuti dal Cremlino. Nadezhdin ha criticato la decisione della Cec - comunque ampiamente attesa - e ha annunciato che la impugnerà davanti alla Corte Suprema, in una mossa che si preannuncia senza speranza. Il politico, un tempo vicino all’ex vicepremier di Eltsin e poi critico del Cremlino Boris Nemtsov, ha promesso di continuare la sua campagna contro Putin, in un momento in cui le più importanti figure dell’opposizione sono o in carcere o in esilio. «Prima o poi diventerò presidente della Federazione Russa», ha detto in una conferenza stampa. La candidatura di Nadezhdin, con i suoi appelli a fermare l’offensiva militare della Russia contro l’Ucraina, ha portato folle di russi nei suoi uffici elettorali che facevano la coda per lasciare le firme necessarie a presentare la sua candidatura. Una fonte vicino al Cremlino ha ammesso che la campagna di Nadezhdin «si è trasformata da una storia di nicchia in una storia di massa» e la presidenza ha sottovalutato il numero di russi capaci di «parlare attivamente» contro la guerra. Il rischio era che il consenso di Nadezhdin, più a ridosso del voto e poi alle urne, potesse superare la soglia psicologica del 10%, superando quello dei candidati presidenti provenienti dai partiti seduti in Parlamento.

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