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Medio Oriente, Netanyahu è netto: non accettiamo le richieste di Hamas

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Dai rischi, sempre più vivi, di un'escalation regionale alla necessità di rilanciare i colloqui per una tregua tra Israele e Hamas con l'obiettivo di arrivare al rilascio degli oltre 130 ostaggi ancora nelle mani dell'organizzazione militante palestinese. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, è tornato in Medioriente per la quinta volta dall'inizio della guerra in una fase caratterizzata da un coinvolgimento diretto di Washington nella crisi anche sotto il profilo militare. Dopo i raid condotti su Siria e Iraq per rispondere all'attacco contro una base Usa in Giordania costata la vita a tre militari, gli Stati Uniti registrano una nuova offensiva rivendicata dalle milizie filo-Iran della Resistenza islamica in Iraq. Il raid con droni ha preso di mira un campo di addestramento ad al-Omar, nella Siria orientale, utilizzato dalle Forze democratiche siriane ma che ospitava anche militari statunitensi. Il bilancio è di almeno sei combattenti curdi rimasti uccisi.

 

 

Nell'effetto domino innescato dal conflitto tra Hamas e Israele gli sforzi per arrivare a una tregua possono ridurre le tensioni regionali. Di questo si occuperà Blinken che dopo l'Arabia Saudita, prima tappa del tour, si recherà anche al Cairo e a Doha - attori chiave sotto il profilo diplomatico - prima di arrivare in Israele. Dove il premier, Benjamin Netanyahu, è tornato a freddare gli animi sul raggiungimento di un accordo con Hamas. "Hamas ha delle richieste che non accoglieremo", è stato il monito del leader di Tel Aviv, secondo cui l'intesa che preveda uno scambio tra prigionieri "dovrebbe essere simile" a quella raggiunta a novembre che ha assicurato una settimana di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, dove il bilancio delle vittime ha superato quota 27.400. Per Netanyahu "non c'è nulla che possa sostituire la vittoria totale" di Israele, che sarà raggiunta - ha sottolineato - con l'eliminazione dell'intera leadership di Hamas.

 

 

La guerra fra Israele e Hamas ha aperto, tra gli altri, il fronte del Mar Rosso dove i mercantili in transito affrontano la minaccia missilistica dei ribelli yemeniti houthi. Nell'area compresa tra Hormuz e il Canale di Suez opererà la missione militare dell'Unione europea, di cui l'Italia avrà il comando operativo in mare. "Non sarà una missione di accompagno, ma di difesa operativa, se c'è un attacco si reagisce - ha ricordato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani - Non facciamo attacchi sul territorio yemenita ma le regole di ingaggio sono di reazione militare in caso di lancio di missili o droni o di attacchi marittimi". Teheran, che sostiene gli houthi, osserva e intanto annuncia l'avvio di un'esercitazione navale congiunta con Russia e Cina con l'obiettivo di "garantire la sicurezza regionale". Le manovre cominceranno entro la fine dell'anno iraniano.

 

 

Il centro del conflitto resta, in ogni caso, a Gaza, dove la popolazione civile è ridotta allo stremo a quasi quattro mesi dall'inizio dell'operazione israeliana. Per gli attacchi del 7 ottobre Tel Aviv ha lanciato pesanti accuse sul presunto coinvolgimento di dipendenti dell'Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa). Palazzo di Vetro vuole fare chiarezza e il segretario generale, Antonio Guterres, ha nominato una commissione indipendente, guidata dall'ex ministra francese degli Esteri Catherine Colonna, chiamata a valutare se l'Unrwa stia facendo tutto il possibile per garantire la sua neutralità e per rispondere alle accuse. Israel Katz, capo della diplomazia di Tel Aviv, si è congratulato per l'iniziativa assicurando che il governo dello Stato ebraico presenterà "tutte le prove che evidenziano i legami dell'Unrwa e il terrorismo e i suoi effetti dannosi sulla stabilità regionale".

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