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Elezioni Spagna, i popolari non sfondano e Sanchez resiste: cosa succede adesso

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Alle elezioni politiche spagnole il Partito Popolare di Alberto Nunez Feijoo ha rivendicato il diritto di formare un esecutivo: è quello che ha ricevuto più consensi, ma non abbastanza per governare. Né in autonomia, né insieme a Vox, la formazione nazionalista di Santiago Abascal, fortemente ridimensionata dal voto. I sondaggi avevano previsto un trionfo delle destre, destinato a mutare gli equilibri politici anche in Europa ma l’obiettivo di fare piazza pulita del «sanchismo» non si è concretizzato. Il Partito Socialista del primo ministro uscente, Pedro Sanchez, ha tenuto e la piattaforma Sumar della vicepremier, Yolanda Diaz, ha raccolto risultati discreti, mettendo insieme quel che resta di Podemos con altri movimenti di sinistra. Ancora una volta, la quarta economia dell’Eurozona esce dalle urne senza una maggioranza chiara, lasciando ai piccoli partiti indipendentisti il potere di decidere i giochi e rendendo tutt’altro che improbabile un nuovo voto, che diventerebbe il sesto dal 2015. (

Contro ogni attesa, Sanchez potrebbe addirittura restare al potere, se il gioco delle alleanze glielo consentirà. Oltre a Sumar, potrebbero restare dalla sua parte i catalani di Erc e i baschi di Bildu, il cui appoggio esterno ha consentito al suo governo di minoranza di reggere fino alla sconfitta incassata alle amministrative dello scorso maggio, che lo hanno convinto a convocare elezioni anticipate in piena estate. Numeri alla mano, una maggioranza non c’è. A fronte di un’affluenza pari al 70,4%, lo scrutinio pressoché definitivo assegna al Partito Popolare il 36% e 136 seggi in Parlamento, 47 in più delle scorse elezioni. Per una maggioranza assoluta di seggi ne servono però 176 e i sovranisti di Vox ne hanno persi ben 19, scendendo a 33 scranni, con il 12,4%. Un risultato quasi analogo a quello di Sumar, con il 12,3% e 31 seggi. Il Psoe di Sanchez ha da parte sua guadagnato due seggi, salendo a quota 122, con il 31,7%. In Senato, invece, il Pp può contare su una maggioranza assoluta di 143 scranni, contro i 92 dei socialisti.

 

Diventano quindi determinanti i voti degli indipendentisti. In Catalogna la sinistra repubblicana (Erc) di Pedro Aragones, presidente della regione, ha perso 6 seggi scendendo a quota 7, alla pari con Junts per Catalunya di Carles Puigdemont, l’ex leader separatista fuggito in Belgio per evitare l’arresto dopo il tentativo di secessione del 2017. Nei Paesi Baschi, invece, Bildu ha ottenuto 6 seggi, uno in più, e Eaj-Pnv (il Partito Nazionalista Basco), 5 seggi, uno in meno. Numeri alla mano, la sinistra può restare al governo solo se ottiene l’appoggio di tutte, o quasi, le forze indipendentiste rappresentate alle Cortes. 

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