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Emergenza immigrazione, l'Italia aiuta la Libia a fermare i migranti

Pietro De Leo
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Un tassello fondamentale della politica italiana per contenere l’immigrazione irregolare è stato posto ieri. Ad Adria, in Provincia di Rovigo, è stata infatti consegnata la prima motovedetta «classe 300» alle autorità libiche. Una vera e propria cerimonia, a sottolineare la rilevanza del passaggio. Ad «officiare» per parte italiana, il vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Esteri Antonio Tajani. Sul lato libico, il ministro degli Esteri del governo di unità nazionale Najla el Mangoush. Per l’Ue, il commissario per l’allargamento e la politica di vicinato, Oliver Varhely. «Vogliamo che il Mediterraneo non sia più un cimitero di migranti», ha detto Tajani. Che poi ha aggiunto la necessità di raggiungere, con le autorità libiche, «soluzioni sostenibili per la gestione del fenomeno migratorio, assicurando al contempo un trattamento umano a persone più vulnerabili».

Questo, dunque, è il primo passo per la realizzazione di quel memorandum che l’Italia ha siglato con Tripoli lo scorso 28 gennaio, nella missione guidata dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, composta dallo stesso Tajani e dal ministro dell’interno Matteo Piantedosi. E l’imbarcazione consegnata ieri è la prima di altre quattro che serviranno alla Guardia Costiera libica per fermare le partenze. Un memorandum che, peraltro, viene compreso nel programma «Sibmmil», supporto alla gestione integrata delle frontiere e dell’immigrazione. Qui, dunque, sta la presenza di Varhely, che peraltro ha sottolineato la necessità di sostenere il Nordafrica a «combattere le vere cause dell’immigrazione» con «il miglioramento della vita delle persone, creando posti di lavoro e di ricchezza». Questo, dunque, è un obiettivo che si aggancia perfettamente all’attività del governo italiano in Nord Africa, volto a sviluppare rapporti di partenariato economico, che abbracciano numerose materie dall’energia (nell’ottica di uno svincolo dalle forniture russe) al know how. Ma sul contrasto ai flussi irregolari, su cui l’Italia ha mosso passi avanti con il nuovo decreto sulla regolamentazione dell’attività delle Ong, il punto di svolta può essere rappresentato soltanto da una solida iniziativa comunitaria.

E questo è uno dei punti all’ordine del giorno del Consiglio europeo del 9 e 10 febbraio. Ieri, è già circolata una bozza di conclusioni, in cui si invita la Commissione ad attuare efficacemente una politica comunitaria per garantire velocemente i rimpatri dai Paesi Ue, così come si prefigurano delle azioni mirate sulle Ong. Peraltro, nel documento si fa riferimento anche al rafforzamento degli accordi con i Paesi di partenza. Su tutto questo (così come sulle altre materie che verranno affrontate al vertice), ieri Giorgia Meloni ha svolto alcuni colloqui con il Presidente della Repubblica francese, Macron, il capo del governo olandese, Rutte, il Cancelliere federale austriaco, Nehammer e il Primo Ministro greco, Mitsotakis. Questa settimana si saprà se l’Europa riuscirà davvero a cambiare passo. 

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