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La storia segreta dei reduci della guerra di Spagna deportati a Mauthausen con gli ebrei

Alessandra Zavatta
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Quando, il 5 maggio 1945, due carri armati dell'undicesima divisione corazzata dell'esercito americano entrarono a Mauthausen, scoprirono che tra i prigionieri c’erano i Repubblicani che avevano combattuto nella guerra di Spagna. Fuggiti in Francia quando il dittatore Francisco Franco salì al potere a Madrid, vennero traditi dal governo filonazista di Vichy. E consegnati al Terzo Reich. Finirono così rinchiusi nel campo di concentramento costruito vicino a Linz, in Austria. L’ultimo campo ad essere liberato.

Delle 190mila persone che hanno varcato quei cancelli, più di 90mila sono state assassinate o sono morte per fame. Tra loro ebrei, zingari, omosessuali, testimoni di Geova, e oppositori politici del nazismo, come in tutti i campi di concentramento. Meno noto è il fatto che quasi cinquemila prigionieri che morirono a Mauthausen erano Repubblicani spagnoli privati ​​della nazionalità e deportati dalla Francia collaborazionista del Maresciallo Pétain.

Ottant’anni dopo una mostra al Sefarad-Israel Center, a Madrid, ne ricostruisce la storia, intrecciata con ricordi, documenti ufficiali ed effetti personali. Accanto a questi ci sono resoconti di prima mano della morte e della vita all'interno di Mauthausen e dei sottocampi circostanti. E dell'amicizia nata con molti ebrei, per sopravvivere nelle tremende condizioni in cui venivano tenuti i prigionieri.

Due dei luoghi più famosi di Mauthausen erano la cava di granito e la "scala della morte" di 186 gradini su cui uomini e donne esausti e affamati erano costretti a marciare trasportando pietre da cinquanta chili.

Alcuni prigionieri, soprattutto giudei olandesi, furono semplicemente spinti oltre il bordo della cava. Tali omicidi vennero ufficialmente registrati come "suicidio saltando", ma le guardie davano un altro nome alle vittime: "paracadutisti". Altri detenuti, sfiancati oltre il limite della sopportazione umana, si sono gettati contro le recinzioni elettrificate. Poi c'erano gli "esperimenti" medici per determinare quale tipo di dolore e paralisi derivassero dalle iniezioni al cuore e per vedere quanto tempo le persone potevano vivere mangiando soltanto pappa.

Cinquecentomila Repubblicani spagnoli fuggirono in Francia all'inizio del 1939 dopo che divenne chiaro che i Nazionalisti di Franco avrebbero vinto la guerra civile, iniziata quasi tre anni prima con un tentativo di colpo di Stato militare contro il governo eletto. Sessantamila tra loro si unirono all'esercito francese, per poi ritrovarsi alla mercé dei nazisti e del regime di Vichy dopo l’invsione della Francia da parte dei soldati di Adolf Hitler, nel 1940. Diecimila Repubblicani furono radunati e deportati, tre quarti di loro venne spedito a Mauthausen. Dichiarati “apolidi” e costretti a indossare triangoli blu capovolti sulle uniformi per sottolineare la mancanza di patria, si trovarono accanto a decine di migliaia di ebrei i cui abiti a strisce portavano cucita una stella di Davide gialla. Mentre i prigionieri spagnoli di Mauthausen erano schiavi apolidi costretti a lavorare, quelli ebrei, Sinti e Rom furono vittime del genocidio.

A Mauthausen c’era pure Simon Wiesenthal, che avrebbe continuato a dare la caccia ai nazisti dopo la guerra e avrebbe combattuto per garantire che l'Olocausto non fosse mai dimenticato. Francesc Boix, un soldato e fotografo repubblicano spagnolo, ha documentato la vita del campo. Le sue immagini e testimonianze sono state utilizzate nei processi per crimini di guerra a Norimberga e Dachau. Scatti ora inclusi nella mostra al Sefarad-Israel Center che resterà aperta fino al 17 giugno prossimo.

Liberati dagli americani, molti repubblicani si stabilirono in Francia, perché in Spagna Francisco Franco resterà al potere fino al 1975, e morirono prima di vedere tornare la democrazia a Madrid.

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