25 anni dopo

L'ultima confessione di Lady Diana: "Ho paura che mi uccidano"

Alessandra Zavatta

Era la guardia del corpo della principessa Diana. «Lei aveva paura di essere uccisa. Me lo confessò in lacrime. Se fossi stato lì quella sera non sarebbe morta. Su quell'auto avrei fatto indossare a tutti le cinture di sicurezza. Ma quando abbiamo tirato a sorte con gli altri bodyguard su chi l'avrebbe accompagnata a Parigi, toccò a Trevor Rees-Jones». A25 anni dalla morte di Lady Diana, Lee Sansum è sicuro. Dallo schianto nel tunnel dell'Alma, la notte tra il 30 e il 31 agosto 1997, la principessa del Galles sarebbe uscita viva se soltanto avesse indossato le cinture di sicurezza sulla Mercedes che la stava portando, insieme al compagno Dodi Al Fayed, dall'Hotel Ritz ad un più riservato appartamento in rue Arsène Houssaye.

 

  

Come l'hotel, di proprietà di Mohamed Al Fayed, il ricchissimo imprenditore egiziano papà di Dodi. La coppia riteneva che i «paparazzi» stessero arrivando all'albergo. E così il capo della sicurezza del Ritz, Henri Paul, si offrì di accompagnarli con la Mercedes 280 Classe S utilizzata dalla Étoile Limousines per i servizi di noleggio destinati ai clienti dell'albergo. L'auto avrebbe dovuto essere rottamata dopo essere stata rubata e travolta in un incidente a 160 all'ora. Ma venne riparata e, per un fortuito giro di coincidenze, come hanno raccontato nel volume «Qui a tué Lady Di?» (Chi ha ucciso Lady Di) i giornalisti Pascal Rostain, Bruno Mouron e Jean-MichelCaradec'h, finì ad accompagnare la facoltosa clientela del Ritz di Place Vendôme. Il destino volle che Lee Sansum, che aveva appena scortato la principessa nella vacanza a Saint Tropez con i figli William e Henry, non fosse su quella vettura. «Abbiamo tirato a sorte con gli altri bodyguard», ricorda. «Toccò a Trevor accompagnarla a Parigi. Ho il rimpianto di non essere stato lì con lei. Avrei fatto indossare le cinture di sicurezza. Lo imponevano le disposizioni della Casa reale». L'eccessiva velocità e qualche drink di troppo bevuto da Henri Paul che conduceva l'auto, secondo laversione ufficiale, portarono la Mercedes a sbattere contro la parete del sottopasso del ponte dell'Alma. Uccidendo sul colpo Henri Paul e Dodi Al Fayed e ferendo gravemente Lady Diana e Trevor Rees-Jones. Erano passati 23 minuti dalla mezzanotte. La principessa venne portata all'ospedale La Pitié-Salpêtrière dove spirò poco dopo.

 

Lee Sansum, che ha anche prestato servizio nella polizia militare, non crede che Diana sia stata uccisa. Però ricorda che, poco prima di partire per Saint Tropez, uno dei colleghi ha notato vicino alla casa di Al-Fayed, nel Surrey, qualcuno dell'Unità di ricognizione speciale. Lo conosceva perché entrambi erano stati nelle Sas.

«In genere eravamo seguiti dall'MI5 (il servizio segreto che si occupa degli affari interni), era la prima volta che vedevamo le forze speciali», racconta. E ricollega lo strano avvistamento al terrore di Diana di essere uccisa. «Lo faranno anche a me?», mi disse una mattina in lacrime. «Era rimasta scossa dall'omicidio dello stilista Gianni Versace. Così mi ha confidato la paura di poter un giorno essere assassinata. Tremava ed era chiaro dal tono della voce che pensava davvero che avrebbero potuto ucciderla, chiunque «loro» potessero essere». E rivela che gli 007 che l'hanno seguita poche settimane prima dell'incidente potrebbero essere stati un fattore determinante: «Un testimone alla guida di un'utilitaria che viaggiava davanti alla Mercedes a Parigi la notte dello schianto ha dichiarato di aver visto una motocicletta ad alta potenza sorpassare l'auto pochi secondi prima dello scontro.

 

Un altro testimone che viaggiava nella direzione opposta ha notato una seconda moto sterzare per evitare i rottami e proseguire senza fermarsi. Quei due centauri non sono mai stati trovati e non è un caso». «Credo che gli agenti di sicurezza che seguivano Diana sottolinea-potrebbero aver inavvertitamente causato l'incidente oppure essere stati nelle immediate vicinanze quando accadde.

Ma se Lady D avesse indossato le cinture di sicurezza, probabilmente si sarebbe salvata». Il timore di essere uccisa l'aveva confessato fin dall'ottobre 1995 all'avvocato Lord Victor Mishcon, che aveva messo su carta le parole della principessa. Dopo la morte le consegnò a Scotland Yard che, inspiegabilmente, le fece avere alla polizia francese soltanto sei anni dopo. Della Mishcon Note i fratelli di Diana vennero messi al corrente soltanto nel 2007. Il foglio «segreto» potrebbe essere al centro del controverso libro di memorie del principe Henry la cui pubblicazione è annunciata per Natale.
Il 29 luglio 1981 Diana Spencer era la ragazza più felice d'Inghilterra, fresca sposa dell'erede al trono Carlo Windsor. Una favola finita in tragedia per colpa di un autista ubriaco. Oppure per un raggio laser sparato negli occhi di quell'autista, come raccontò il Soldato N delle forze speciali che, sedici anni dopo l'incidente, spinse gli investigatori britannici a riaprire il caso sulla morte di Diana. L'unico sopravvissuto allo schiato, Trevor Rees-Jones, ricorda poco o nulla dell'incidente. Se non quella Fiat Uno bianca che seguiva la limousine di cui si è molto parlato ma non è mai stata trovata. Ora ha voltato pagina, fa il capo della sicurezza per il gigante farmaceutico Astrazeneca. La Brigata criminale della Gendarmeria di Parigi trovò tracce di vernicedi un'altra vettura sulla Mercedes ma nessuno indagò.