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Usa, la Corte Suprema cancella il diritto di aborto. Biden annuncia battaglia

Sebbene anticipata dalla clamorosa fuga di notizie del mese scorso, la decisione con la quale la Corte Suprema degli Stati Uniti ha cancellato, dopo quasi 50 anni, il diritto all'aborto su tutto il territorio nazionale, è deflagrata con forza dirompente sulla società e sulla politica Usa. A partire dai prossimi giorni, in circa metà degli Stati dell'Unione, soprattutto nel Sud e nel Midwest, l'aborto potrebbe essere dichiarato illegale o soggetto a restrizioni estreme, vietato anche nei casi di stupro e di incesto.

"E' un giorno triste per la Corte e per il Paese", è stato il commento del presidente Joe Biden, dopo che la speaker democratica della Camera dei Rappresentanti, Nancy Pelosi, aveva parlato di un "insulto" e di uno "schiaffo in faccia" alle donne e alla loro libertà di scelta.

Ad essere maggiormente colpite, secondo le previsioni, saranno le donne con redditi bassi o appartenenti alle minoranze, che non potranno permettersi le spese di viaggio e sanitarie per abortire in altri Stati dove l'interruzione di gravidanza è consentita. E certamente, riportando indietro le lancette della Storia, ritorneranno attuali le pratiche di aborto clandestino, con conseguenti rischi per la salute delle donne.

La decisione nel caso 'Dobbs v. Jackson Women's Health', quella dalla quale è scaturita la svolta antiabortista, era la più attesa di questa sessione della Corte ed era stata preceduta da furiose polemiche, dopo che a maggio una bozza della decisione, che ne anticipava le conclusioni, era stata pubblicata dai media.

All'attenzione dei nove giudici della Corte c'era una legge del Mississippi, che intende abolire quasi ogni forma di interruzione di gravidanza dopo 15 settimane di gestazione. La legge non era entrata in vigore, dopo che nei tribunali di grado inferiore era stato presentato appello, sostenendo che la legge violava quanto stabilito nella storica sentenza 'Roe v. Wade' del 1973, che aveva garantito il diritto all'aborto negli Stati Uniti su scala nazionale.

La spaccatura tra i giudici, che hanno votato con una maggioranza di 6 a 3, fotografa gli attuali rapporti di forza all'interno della Corte. Il giudice Samuel Alito, relatore della decisione, nella sua opinione conclusiva ha scritto che la sentenza del 1973, così come quella del 1992, che aveva confermato il diritto all'aborto a livello federale, erano sbagliate, perché "la Costituzione non fa alcun riferimento all'aborto e nessun diritto di questo tipo è implicitamente protetto da alcuna norma costituzionale". Ha prevalso l'orientamento 'originalista', che privilegia un'interpretazione della Costituzione aderente allo spirito del tempo in cui fu scritta. Difficile, quindi, rilevare in un Documento redatto nel 1787 un riferimento alle donne, meno che mai all'aborto.

Con Alito si sono schierati i giudici Clarence Thomas, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett. Questi ultimi tre, nominati dall'ex presidente Donald Trump e non a caso presi di mira da Biden nel suo discorso. Il presidente della Corte, John Roberts, anch'egli conservatore, si è limitato a confermare la legge del Mississippi che era al centro della decisione, senza pronunciarsi in maniera più ampia sul diritto all'aborto. A dissentire dalla maggioranza sono stati i giudici di orientamento liberal, Stephen Breyer, Sonia Sotomayor e Elena Kagan.

Poco prima che Biden si rivolgesse alla nazione per annunciare battaglia e chiedere al Congresso di "codificare" in legge i diritti garantiti dalla sentenza 'Roe v. Wade' del 1973, ora cancellati dalla Corte Suprema, era intervenuto Donald Trump. L'ex presidente, nuovamente sotto accusa in questi giorni per il tentativo di insurrezione del 6 gennaio 2021, ha celebrato la sentenza, definendola una "decisione di Dio". Ma privatamente, secondo indiscrezioni riportate dal New York Times, la riterrebbe "pessima per i Repubblicani".

Trump teme che la decisione della Corte susciti la rabbia dell'elettorato femminile dei vasti sobborghi Usa. Quello stesso elettorato che gli voltò le spalle e risultò decisivo per la vittoria nel 2020 di Joe Biden. Le ripercussioni politiche della svolta antiabortista rischiano allora di diventare determinanti nelle elezioni di midterm, con le quali i Repubblicani puntano a riconquistare la maggioranza del Congresso.

Oltre a Trump lo ha capito anche Biden, che consapevole dell'impossibilità di fare approvare una legge nazionale in tema di aborto, non disponendo di un numero sufficiente di voti al Senato, punta le sue carte sul voto di novembre per "ripristinare" il diritto all'aborto, oltre, naturalmente, che per mettere al sicuro l'agenda politica della sua Presidenza. "Sulle schede ci sarà il tema dell'aborto", ha detto il presidente, invitando gli americani ad eleggere deputati e senatori che traducano finalmente in legge un diritto che fino a venerdì era garantito solamente dalla giurisprudenza della Corte Suprema.

Biden spera così di far passare in secondo piano il tema dell'inflazione galoppante e dei costi alle stelle di benzina e generi alimentari, anch'essi potenzialmente decisivi nelle urne. Il termomentro della polarizzazione politica ha raggiunto ormai livelli massimi, nonostante il consenso bipartisan sul sostegno all'Ucraina e la riforma in tema di armi da fuoco, la prima dal 1994, frutto di un compromesso al ribasso tra Democratici e Repubblicani, dopo le stragi di Buffalo e Uvalde.

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