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Frustate perché hanno i jeans, la terribile testimonianza da Kabul

Gaetano Mineo
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Altre 4 donne sono state uccise dai talebani all’aeroporto di Kabul da una raffica di mitra. L’obiettivo dei fondamentalisti islamici era quello di scatenare paura tra la folla ed evitare che alcune persone entrassero nello scalo per salire su un aereo e uscire dall’Afghanistan. Oltre 20 donne afghane sono nascoste a Kabul e dintorni per non essere uccise dagli studenti islamici in quanto collaborano con la fondazione Pangea che opera da 18 anni in questa martoriata terra dell’Asia occidentale. «Stiamo cercando di metterle in protezione con le loro famiglie. E stiamo lavorando per la loro salvezza, facendole uscire dall’Afghanistan», racconta la stessa vice presidente della Pangea, Simona Lanzoni, decisamente pessimista sul prossimo futuro delle donne afghane dopo la conquista degli «studenti islamici» del Paese. Una onlus, la Pangea, che si occupa di emancipazione femminile. Eloquente un suo slogan: «Siamo tante donne che hanno trasformato la loro vita e sono uscite da una quotidianità di violenze e discriminazioni e, con i loro figli, si stanno ricostruendo una nuova vita».

 

 

 

 

 

Oramai Kabul è nelle mani dei talebani.
«Kabul ha subìto un’escalation velocissima da parte dei talebani. Finora non hanno ancora lanciato il loro stato islamico ma penso che si vada in questa direzione. Al momento, sono in una sorta di "stand by". Allo stesso tempo, i fondamentalisti islamici si manifestano dei buoni interlocutori alla comunità internazionale. Quando, invece, sappiamo bene come in questi giorni si stanno comportando, facendo rastrellamenti delle persone che collaborano con le Ong, giornalisti, difensori dei diritti umani. Tutte persone che in sostanza hanno a che fare con una visione del mondo contraria alla loro».

Kabul è stata conquistata in pochi giorni. Come spiega questa velocità di avanzamento dei talebani?
«L’esercito afghano non ha combattuto più di tanto. In molti casi i militari hanno abbandonato le armi, avendo la consapevolezza della loro forza militare, molto più ridotta di quella che veniva ufficializzata. Va sottolineato che tra gli afghani la paura è tanta, veramente tanta. Drammatiche, e allo stesso tempo emblematiche, sono state le scene in aeroporto che hanno fatto il giro del mondo delle mamme che tiravano i propri bimbi agli americani pur di non finire nelle mani dei talebani. Tanta è la paura. Alcune mie amiche sono state frustate. Sole perché indossava i jeans, un altro mio amico è stato frustrato. E questo serve a generare paura e bandire tutto ciò che identifica la società occidentale».

Qual è in queste ore lo scenario a Kabul?
«La città è totalmente controllata dai talebani. Ogni quartiere ha il suo referente talebano che coordina il controllo del territorio. Ci sono alcune attività aperte solo al fine di dare una parvenza. Le donne stanno in casa. In città, tra l’altro, in queste ore stanno arrivando migliaia di afghani provenienti da varie province del Paese e che “pascolano” letteralmente con le loro tende per le strade. Per non parlare delle prigioni aperte dai talebani sia per liberare i propri compagni, sia per alimentare il caos. In sostanza, si percepisce una forte disperazione tra gli afghani consapevoli che tutto "crollerà". Tuttavia, pur di aggrapparsi a una speranza, attualmente sono quasi "obbligati" ad avere fiducia nei confronti dei fondamentalisti per un prossimo futuro migliore. Perché di certo, a breve, la comunità internazionale non sarà in grado di garantire la pace in Afghanistan».

Eppure i talebani sostengono che le donne studieranno e saranno al governo, nel rispetto della Sharia.
«È così. Ma il vero problema è come viene interpretata questa legge islamica. Certo, se pensiamo come hanno applicato la Sharia a fine anni ‘90, la interpreto decisamente negativa. Allora c’erano una serie di regole assurde. Per dirne una, le donne non potevano portare scarpe con tacchi che facevano rumore sulle strade. E per tacchi, intendiamo anche quelli di due centimetri di altezza. Per loro, una società si basa sulle donne come contenitore per fare figli, lasciandole nell’ignoranza, nel dolore, nella sofferenza. Va evidenziato che l’Afghanistan è il paese asiatico dove muoiono più donne per un parto. Muoiono loro e il bimbo che avevano in grembo. E questo per mancanza di igiene, di medici, strutture. Pensi che si muore per dissenteria o perché manca un semplice antibiotico. Inoltre, l’Afghanistan è un Paese dove regna un analfabetismo altissimo tra la popolazione. Uno scenario che non potrà che peggiorare con la presenza dei talebani».
 

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