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Coronavirus, dall'Oms solo errori e ritardi

L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha sottovalutato l'emergenza coronavirus e poi ha dato le linee errate

Riccardo Mazzoni
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Era partita bene l'Oms, quando a settembre aveva pubblicato un rapporto intitolato «Un mondo a rischio», che parlava di una possibile, imminente epidemia su scala mondiale avvertendo i governi sul rischio di un'emergenza sanitaria globale. Il rapporto era chiaro: «C'è una minaccia molto reale di una pandemia in rapido movimento altamente letale, di un agente patogeno respiratorio che potrebbe uccidere da 50 a 80 milioni di persone e spazzare via quasi il 5 per cento dell'economia mondiale». Allarme caduto purtroppo nel vuoto, ma ora è proprio l'Organizzazione mondiale della Sanità ad essere finita nel mirino per le falle, i ritardi e le opacità nella gestione del Covid-19. Ieri è dovuta scendere in campo l'Onu per difendere il direttore generale dell'Oms Ghebreyesus dall'accusa del presidente Trump di essersi piegata agli interessi della Cina aiutando Pechino a insabbiare le prime notizie sull'epidemia. Accusa tutta da dimostrare, ma ci sono fatti e circostanze che fanno oggettivamente riflettere sul funzionamento della macchina dell'Oms: alcuni medici di Taiwan, ad esempio, la informarono – inascoltati - di aver scoperto che il virus si trasmetteva da uomo a uomo. È ormai accertato, poi, che in Cina il primo caso clinicamente diagnosticato risale al 2 dicembre, ma che il governo di Pechino ha annunciato la prima morte solo l'11 gennaio, e resta dunque il motivato dubbio che in quel mese cruciale l'interlocuzione tra Oms e Cina sia stata, per usare un eufemismo, quantomeno lacunosa. Solo il 28 gennaio, inoltre, l'Oms si è decisa, dopo ben cinque rapporti tranquillizzanti, a correggere da «moderata» ad «elevata» la minaccia dell'epidemia cinese per il resto del mondo. E la definizione di «pandemia» per definire l'emergenza è stata data solo l'11 marzo, quando era noto ormai da settimane che l'ondata epidemica interessava tutto il globo. Anche sull'uso dei test diagnostici, la posizione iniziale dell'Oms fu inizialmente quella di raccomandarli solo ai casi sintomatici conclamati, per poi correggersi, con deplorevole ritardo, consigliando ai governi di effettuare test generalizzati a tutta la popolazione, a partire dagli operatori sanitari. Ebbene: i Paesi come la Corea del Sud che sono andati per la propria strada con l'uso sistematico dei tamponi e il tracciamento dei contatti sono quelli che stanno uscendo meglio, e con i minori danni anche economici, dalla pandemia. Infine, anche sull'uso delle mascherine le linee guida dell'Oms non sono state all'altezza di un'organizzazione che ha il compito istituzionale di tutelare la salute del mondo, sostenendo che in caso di persone senza sintomi non c'è il rischio di contagio e che le mascherine non deve portarle nessuno, se non gli operatori sanitari che hanno in cura malati di Coronavirus, ignorando così il tasso di trasmissione dagli asintomatici. Un'altra topica, secondo il professor Burioni che ha amaramente twittato: «L'Oms è sempre più deludente».

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