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Erdogan e Putin festeggiano la vittoria di Trump

La soddisfazione del presidente Putin e del primo ministro Medvedev

Katia Perrini
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La Russia è pronta a ripristinare completamente le relazioni con gli Stati Uniti dopo l'elezione di Donald Trump alla presidenza. Non nasconde la sua soddisfazione, pur rimanendo cauto, il presidente russo, Vladimir Putin. La vittoria di Trump su Hillary Clinton non può che avere, secondo Putin, i suoi risvolti positivi soprattutto in base alle dichiarazioni di Trump fatte in campagna elettorale sul miglioramento dei rapporti con Mosca. Putin ha aggiunto che la Russia è pronta a fare la sua parte in questo senso, ma ha riconosciuto che non sarà facile. Tra i Paesi "nemici" dell'America c'è anche la Turchia e, secondo il presidente Erdogan, i risultati delle presidenziali negli Usa segnano l'inizio di una «nuova era. Il presidente turco augura «agli Usa un futuro di successo» dopo la vittoria di Donald Trump. E spera che questo risultato contribuisca a promuovere «i diritti e le libertà fondamentali, la democrazia nel mondo e lo sviluppo regionale». Con Trump si è già congratulato anche il premier turco Binali Yildirim che ha subito ribadito la richiesta agli Stati Uniti di estradizione per il predicatore Fethullah Gulen, ritenuto da Ankara l'ispiratore del tentativo di golpe dello scorso 15 luglio. Gioisce della vittoria del magnate americano anche la Cina. «Ecco cosa accade quando a un popolo viene data la democrazia», ha scritto l'agenzia di stampa filogovernativa cinese Xinhua, aggiungendo però un'osservazione: l'esempio americano insegna che «la democrazia conduce gli stati nel caos», mentre «i regimi autoritari come quello di Pechino "è garanzia di stabilità". La Cina sin dall'inizio di questa agguerrita campagna si è schierata con Trump. Secondo il quotidiano "The Independent", questo perché è considerato un interlocutore politico più debole rispetto a Hillary Clinton, molto più intransigente verso Pechino su tante questioni, non ultima il contenzioso sul Mar cinese meridionale. «Da un punto di vista generale, è molto più semplice per la Cina affrontare la vittoria di Trump. Questo perché la linea promessa da Obama e Clinton fa presagire frizioni anche militari molto più frequenti». Così si è espresso il "Global Times", il quotidiano del Partito comunista, qualche giorno fa. L' Iran, invece, si dice pronto a «qualsiasi sviluppo», ma per il momento «andrà avanti» con l'«attuazione» dell'accordo sul programma nucleare. Lo ha dichiarato il portavoce dell'Organizzazione per l'Energia Atomica dell' Iran, l'Agenzia della Repubblica islamica che si occupa di nucleare, Behrouz Kamalvandi, nel primo commento dall' Iran all'elezione del nuovo presidente Usa, Donald Trump. «L' Iran cercherà di proseguire con l'attuazione del Joint Comprehensive Plan of Action (l'accordo sul nucleare, ndr)», ha sottolineato all'agenzia Tasnim Kamalvandi, riferendosi all'intesa siglata lo scorso anno con il gruppo 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania). «L' Iran ha piani a lungo termine», ha aggiunto. Nei mesi scorsi Trump aveva indicato tra le sue priorità, se eletto presidente, quella di smantellare l'accordo sul nucleare. «L'accordo è catastrofico - aveva affermato - Il problema qui è fondamentale. Abbiamo premiato il principale sponsor del terrorismo con 150 miliardi di dollari e non abbiamo ottenuto assolutamente nulla in cambio». Preoccupazione vive in queste ore anche Tokyo. L'esecutivo del Giappone ha già iniziato a organizzare una visita negli Stati uniti per incontrare il presidente eletto, Donald Trump. Lo fanno sapere fonti del governo nipponico citate dal giornale Nikkei. Una delegazione giapponese guidata da Katsuyuki Kawai, consigliere del premier Shinzo Abe, dovrebbe essere a Washington già lunedì prossimo. L'obiettivo è aprire la strada a nuovi rapporti bilaterali e favorire la comprensione tra i due leader, spiegano le fonti al quotidiano nipponico. La vittoria di Trump ha avuto un effetto negativo sulla Borsa di Tokyo, che oggi ha perso il 5,36 per cento. La paura degli analisti nipponici nasce dalle posizioni di rottura manifestate da Trump in campagna elettorale. A Tokyo, in particolare, preoccupano possibili cambiamenti in materia di difesa che potrebbero colpire l'importante trattato bilaterale di sicurezza. Si teme anche per il più ampio trattato di associazione transpacifico (Tpp), accordo economico (non ancora entrato in vigore) che include diversi Paesi, tra cui appunto Giappone e Stati uniti.  Già la sola candidatura del magnate aveva generato inquietudine in tutto il mondo, dall'America latina indignata per i suoi commenti sui migranti, al Medioriente preoccupato per la sua retorica anti-islamica, passando per alcuni dei tradizionali alleati dell'Asia orientale che temono di venir lasciati soli davanti alla forza della Cina. A vittoria acquisita ora si vedrà se promesse o minacce in campagna elettorale diventeranno realtà. 

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