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Cassa Depositi e Prestiti, la rivoluzione silenziosa di Scannapieco: ecco come sarà la nuova Cdp

Dossier da rivedere e riorganizzazione

Filippo Caleri
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Nel più completo e assoluto silenzio Dario Scannapieco si è insediato ufficialmente alla Cassa Depositi e Prestiti. È ancora troppo presto per capire quale sarà la direzione e il posizionamento dell’organismo che gestisce 275 miliardi di risparmi postali. Per ora la fase è solo quella dello studio per la sua riorganizzazione. Anche se i ben informati spiegano che il nuovo ad ha già in mente la direzione che dovrà imprimere alla macchina. Una visione che non coincide con quella guidata dall’ormai ex capo Fabrizio Palermo.

La nuova Cdp sarà modulata, infatti, sullo spartito che ha già composto Mario Draghi con l’apporto del suo consigliere economico, Francesco Giavazzi. Stop dunque a interventi per portare nel controllo pubblico ampie sfere di attività private e sì, invece, al sostegno temporaneo di aziende in difficoltà con l’obiettivo di farle rientrare nel mercato con le loro gambe. Inevitabile però anche una maggiore attenzione anche al fattore strategico delle attività che direttamente o indirettamente entrano nel portafoglio. Un elemento sul quale si appunterà probabilmente anche l’attenzione del Copasir guidato dal neopresidente, Adolfo Urso, da sempre critico sulla pervasività degli investitori stranieri, come i fondi sovrani, nell’acquisizione di asset che rientrano nelle aree coperte dalla golden power.

Tra questi sulla sua scrivania, Scannapieco troverà anche quello della fusione della società privata, Nexi, con l’omologa Sia di proprietà statale e in capo alla Cdp. Un’operazione che punta alla creazione di un grande gruppo di pagamenti digitali ma che sposta il baricentro del controllo dallo Stato ai fondi privati, tra i quali il Gic, il fondo sovrano di Singapore. La Sia gestisce l’infrastruttura di rete interbancaria dove transitano tutti i dati delle transazioni effettuate con i Pos bancari. Un’innumerevole mole di informazioni che possono consentire a chiunque le gestisca un potere di controllo, e di cosiddetta profilazione degli utenti, molto elevato. Con un indebolimento complessivo della privacy della quale, nella gestione del dossier da parte di Palermo, si sarebbe tenuto poco conto. L’operazione sta però per concludersi (nelle more dell’insediamento del nuovo capo della Cassa Depositi)  con relativa tranquillità. Anche se le complicazioni non mancano. L’assemblea dei soci Nexi per approvare l’operazione è fissata il 21 giugno ma, a oggi, non risulta sia stata ancora notificata la richiesta di valutazione all’Antitrust. Un passaggio fondamentale e vincolante per il via libera al passaggio della Sia ai privati. E che rischia di essere il classico granello di polvere che ferma gli ingranaggi dell’operazione allungando i tempi per la sua chiusura. Un fattore che potrebbe anche consentire a Scannapieco una valutazione più approfondita del lavoro svolto dal predecessore sul tema. La sua lente non mancherà ovviamente di essere messa anche su altri dossier di peso lasciati incompiuti da Palermo come quello della rete unica per la banda larga. Cdp è azionista contemporaneamente di due società che si occupano di stenderla e gestirla, Open Fiber e Tim. Una decisione complessa perché il cambio di governo non ha ancora chiarito che direzione sarà presa in merito. La riorganizzazione passa anche dall’individuazione della Cdp come snodo cruciale del Pnrr, il Piano di ripresa europea, che convoglierà nel Paese una mole importante di investimenti. E per il quale pezzi dell’amministrazione pubblica sono già in fibrillazione. È il caso del Dipartimento per la programmazione economica della presidenza del consiglio (Dipe). Che, oltre ad aver ottenuto il compito di supporto al Cipes (Comitato di programmazione economica e sostenibile) ha aggiunto alla sue competenze anche la gestione della segreteria tecnica del Cite (il Comitato interministeriale per la transizione ecologica). Una situazione che ha scatenato l’assalto dei grandi burocrati per inserirsi nell’organigramma del dipartimento oggi guidato da Marco Leonardi (nominato di recente dall’asse Gentiloni-Giavazzi). Per la direzione generale in pista, di diritto, ci sarebbe  Antonio Agostini, ex direttore dell’Agenzia del Demanio, accompagnato alla porta per far posto ad Alessandra Dal Verme, dirigente del Mef e cognata di Gentiloni. Una decisione che lo ha lasciato senza incarico. Catapultato dai Dem si segnala anche l’arrivo al Dipe, in cerca di gradi, anche dell’ex presidente del porto di Livorno, Stefano Corsini. Per lui nonostante il pressing Pd le chanche sonp minori sulla carta perché non è dirigente di prima fascia. In pista anche Francesca Macioce, già al Dipe e che è anche dirigente del sindacato degli alti gradi di Palazzo Chigi.

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