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Lo Stato si prende la Banca Popolare di Bari. Con lo sconto

Una norma del dl crescita consente di convertire in crediti fiscali alcuni valori del bilancio: si chiamano Dta e nella banca Pop di Bari sono stimate in circa 500 milioni

Filippo Caleri
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Lo Stato italiano rischia di fare anche un affare se, come previsto dal decreto per il salvataggio approvato dal consiglio dei ministri, porterà sotto il cappello pubblico la Banca Popolare di Bari. Il prezzo di acquisto della partecipazione dell'istituto che dovrebbe passare al Mediocredito Centrale tramite Invitalia non è ancora stato stabilito. Ma qualunque esso sia, lo «sconto» applicato, potrebbe arrivare a quasi 500 milioni di euro. Questo grazie a una disposizione introdotta nel decreto Crescita 2019 dal governo gialloverde che ha concesso uno sgravio fiscale sulle cosiddette Dta. Un termine anglosassone che significa «Deferred tax assets» e che, dietro al complicato tecnicismo consente un'operazione molto semplice: determinate poste del bilancio che rappresentano attivi finanziari, possono essere convertiti automaticamente in crediti di imposta, e cioè in riduzioni di tasse dovute allo Stato. Ebbene, questi asset, nel bilancio del 2018 (l'ultimo depositato) sono pari a circa 300 milioni di euro. Ma secondo quanto risulta a Il Tempo, nei conti dell'anno che si sta chiudendo lo stesso valore potrebbe essere compreso tra i 400 e i 500 milioni di euro. Così, posto che la dotazione finanziaria a disposizione del decreto per entrare nella Banca Popolare di Bari è di 900 milioni di euro, nell'ipotesi peggiore dell'impiego dell'intera somma per la sola operazione sulla banca pugliese, lo Stato sborserebbe al massimo 400 milioni. Insomma meno della metà visto che il bonus ottenuto con le Dta diventerebbe una partita di giro interna nella contabilità dello Stato. Insomma un autentico affare, per una volta, per i cittadini e i contribuenti italiani. Attenzione, però. La possibilità di... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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