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Pensioni d'oro, Lega e M5S pronti a usare l'accetta

Silvia Sfregola
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Lega e Movimento 5 Stelle si scoprono affette dalla sindrome di Robin Hood. Alla ripresa dell'attività parlamentare a settembre, il mirino della maggioranza si sposterà sulle pensioni d'oro. Il disegno di legge è già stato presentato, sia alla Camera che al Senato, con doppia firma dei capigruppo giallo-verdi e prevede una sforbiciata agli assegni superiori ai 4mila euro netti che non siano coperti dai contributi versati nell'arco della vita lavorativa. L'obiettivo è recuperare risorse da un bouquet di circa 100mila beneficiari, per poi andare a rimpinguare le pensioni minime, portandole dagli attuali 450 euro mensili a quota 780. Un aumento di 330 euro (oltre 3 mila euro l'anno) che farebbe la differenza, per diverse famiglie. Oggi, infatti, sono i pensionati il vero sistema di welfare. Aiutano i figli, sia economicamente che praticamente, compensando le scarse entrate di chi è titolare di un contratto precario o ha un reddito troppo basso. "Dopo la delibera sui vitalizi e il decreto Dignità, è pronto un altro provvedimento che va nella direzione di restituire giustizia sociale ai cittadini", spiega il presidente dei deputati Cinquestelle, Francesco D'Uva. "La proposta di legge sulle pensioni d'oro sarà calendarizzata già a settembre, alla ripresa dell'attività in Parlamento, e metterà fine ad un sistema di disuguaglianze diventato insopportabile, in cui da una parte ci sono i pensionati minimi che fanno la fame e dall'altra i pensionati d'oro che percepiscono molto più di quanto hanno versato". Una posizione condivisa anche dalla Lega. Che ha sposato il progetto apponendo la firma ai disegni di legge depositati a Montecitorio e Palazzo Madama. In particolare, al Senato prevede un intervento anche sulle casse previdenziali degli enti privati. Il tema da anni è oggetto di contenzioso e scontro con la politica, perché incide in una materia che rientra nel mare magnum del 'diritto acquisito'. Dunque, intacca la sfera costituzionale. Tra gli altri aspetti toccati da quella che si preannuncia come un vera e proprio stravolgimento delle pensioni d'oro, c'è sicuramente quello del famigerato 'quota 100', ovvero l'uscita dal mondo del lavoro con almeno 64 anni di età e 36 di contributi versati. La discussione si snoderà per tutto il prossimo autunno, secondo le previsioni. Perché nelle intenzioni della maggioranza dovrà avere una marcia parallela con la legge di Bilancio 2019, dove Lega e M5S sperano di poter inserire (o almeno avviare), rispettivamente, flat tax e reddito di cittadinanza. "Questo governo vuole mettere fine a tutti i privilegi: vitalizi, auto blu, pensioni di privilegio", ha sempre detto Luigi Di Maio. Il vicepremier, nei giorni scorsi, durante il question time al Senato, aveva anche annunciato un taglio ai "privilegi sindacali". Mise e ministero del Lavoro sono già operativi sul dossier, in collaborazione con l'Inps, ma nella proposta di legge sulle pensioni d'oro non c'è spazio per questo tema. Che comunque occuperà una buona fetta del dibattito politico, alla ripresa di settembre.

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