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Verso il taglio dei parlamentari

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Primo via libera in commissione Affari Costituzionali del Senato al testo di riforma costituzionale che riduce a 750 il numero dei parlamentari, supera il bicameralismo perfetto, modifica i poteri del premier e introduce il principio di sfiducia costruttiva al presidente del Consiglio nell'ordinamento italiano. Il sì, però, arriva dopo un tour de force durato una settimana che ha visto più volte vacillare il debole accordo tra Pd, Pdl e Udc che sta alla base del testo. A scardinare gli equilibri, ancora una volta, è stato il Silvio Berlusconi che, annunciando la «svolta semipresidenzialista» ha fatto gridare Pd e udc allo scandalo e al tradimento. Certo, il presidente della Commissione, Carlo Vizzini, ha bollato l'annuncio dell'ex premier come una «roba da conferenza stampa» e assicurato che al momento non c'è nulla negli atti parlamentari, ma i vertici del Pdl lo reputano invece come una buona carta da giocare in Aula. Leggendo infatti i discorsi in politichese e le dichiarazioni di questi giorni risulta la volontà del Pdl di presentare, sotto forma di proposta emendativa al testo di commissione, le opportune correzioni alla Carta per cambiare l'architettura dello Stato. Lo farà, ragionavano alcuni senatori del Pd, come «mossa per far saltare il banco», mirando ad «affossare le riforme e a bloccare la revisione della legge elettorale, per tenersi il porcellum». Niente di tutto questo, è stata la replica ufficiale del Pdl, ma il vicecapogruppo Gaetano Quagliariello, conversando con i cronisti, non ha fatto mistero di aspettarsi numerosi problemi e un caos che potrebbe essere generato dalla presentazione in Aula della svolta. «Al mio segnale, scatenate l'inferno», ha scherzato infatti Quagliariello parafrasando il gladiatore-generale Massimo Decimo Meridio di Ridley Scott, ma nell'arena (il corridoio antistante la prima commissione del Senato) aleggiavano ancora le sue parole di prima dell'annuncio di Berlusconi, molto più minacciose: «è possibile che qualcuno abbia la necessità di alzare l'asticella politica delle riforme». E quale limite invalicabile per gli attuali alleati forzati del Pdl se non l'ipotesi di cambiare addirittura l'essenza stessa dell'ordinamento italiano? Mettendo tutto insieme, quindi, qualcuno al centro dello schieramento di maggioranza al Senato è arrivato a ipotizzare il «ricatto politico»: un Pdl compatto sulla necessità di aprire un dibattito sul semi-presidenzialismo come condizione necessaria per procedere con le riforme, infatti, avrebbe «la scusa buona per far saltare il banco, giocando il ruolo di quello che propone e innova», ma «dando l'impressione di cambiare tutto per lasciare in realtà tutto come sta». Ecco perchè i timori che questa riforma costituzionale non veda mai la luce sono da tutti ritenuti «giustificabili» e alimentati anche dalla facilità con cui a palazzo Madama di ricostituisce alla bisogna il vecchio asse Pdl-Lega, più che bastante per affossare qualunque ipotesi di lavoro su ogni legge. Eppure, durante il lavoro in commissione di carne al fuoco ne è stata messa tanta, e molta per rendere più digeribile il ddl proprio all'opposizione, in base al concetto parlamentare che i voti a favore contano più dei principi, pro o contro che siano. Ecco quindi che nel ddl è stata introdotta oltre alla riduzione del numero dei parlamentari, gradita al Carroccio, una norma che rende il Senato sempre più Camera delle Regioni, norma che non dispiace affatto la Lega. Con la modifica dell'articolo 119, infatti, si sancisce in Costituzione che il Senato ha «ha competenza primaria sulla legislazione concorrente» tra Stato ed Enti Locali, ivi compresa la gestione dei fondi. Ancora, e sempre pro bono dell'opposizione, sono state varate altre due modifiche al testo base: l'introduzione della Carta del dovere di presenza in aula e alle commissioni degli eletti (proposto dalla Lega) e la messa nero su bianco, per volontà dell'Idv, dell'esistenza dello «statuto dell'opposizione» nei regolamenti parlamentari, che dovranno prevedere norme cogenti per la tutela dei diritti delle minoranze. Nel pomeriggio è stato sciolto del superamento del bicameralismo.

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