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Una legge contro il caos greco

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Caos in Grecia

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Sicuramente nei prossimi giorni ci sarà chi si divertirà a fare delle proiezioni, cercando di intuire cosa sarebbe accaduto se domenica in Italia si fosse votato per le politiche. Facile intuire successi e insuccessi delle liste. Ma forse nessuno sarebbe in grado di prevedere cosa accadrebbe in Parlamento. Con l'attuale legge elettorale uno schieramento avrebbe la maggioranza nei due rami del Parlamento, e una coesione che consenta di governare? È fin troppo facile pensare che sarebbe difficile. Alle amministrative c'è stato uno spezzatino di partiti e di liste. Ma il sistema elettorale consentirà in ogni comune di avere una guida stabile. Non così con il «porcellum», che prevede due criteri diversi per Camera e Senato. Un sistema che non garantisce nessuna maggioranza a meno che non abbia un clamoroso successo, come fu nel 2008 per il Pdl. Una legge che non prevede eletti, ma nominati e tende ad allontanare ancor di più la società dai candidati che tali sono solo per volontà delle segreterie. E non basteranno le primarie per far sentire i cittadini partecipi delle scelte. Cambiare questa legge elettorale è una priorità, non un gioco per addetti ai lavori. Noi abbiamo l'esempio della Francia dove il sistema funziona. Quel Paese ha compiuto una scelta chiara. Si potrà rivelare giusta o sbagliata, ma Hollande avrà potere e nessun alibi. In Grecia un sistema diverso ha portato a una frammentazione che la rende ingovernabile. Il maggior partito non arriva al 20 per cento, la strada per un nuovo esecutivo è irta di ostacoli e il ritorno al voto in tempi stretti è più di una possibilità. E l'Italia è sospesa tra la Grecia e la Francia. Prima delle ultime elezioni Centrodestra e Centrosinistra hanno fatto uno sforzo notevole, hanno creato due partiti proprio con l'obiettivo di arrivare a una semplificazione. Chi vince governa e chi perde va all'opposizione. Ma oggi maggioranza e opposizione sono costrette a sostenere insieme lo stesso esecutivo fatto di persone esterne ai partiti. Una anomalia italiana. Sappiamo perché è andata così. Uno dei fondatori del Pd, Rutelli, ha sbattuto la porta. Come ha fatto il cofondatore del Pdl, Fini. Il principale partito alleato del Pd, l'Idv di Di Pietro, è una spina nel fianco e quando può, come a Napoli e Palermo, gioca brutti scherzi. La Lega è stato il principale alleato del Pdl, eppure ha ostacolato e impedito di attuare tutte quelle misure ritenute necessarie per fronteggiare la crisi minacciando di mettere in minoranza il governo Berlusconi. Il passo indietro del Cavaliere è arrivato lo stesso. Ed è inutile illudersi, il futuro non sarà migliore se non cambiano le regole. È interesse del Pd e del Pdl modificarle in modo radicale. Ma lo è di tutti, soprattutto degli italiani. Il rischio dell'ingovernabilità greca è dietro l'angolo. Provate a pensare se il voto dei grillini fosse determinante soprattutto al Senato. Proprio per questo non è l'ora delle furbizie, di calcoli meschini e di breve respiro. Il Paese ha bisogno di una nuova legge elettorale (avrebbe anche bisogno di una legge costituzionale che correggesse il bicameralismo perfetto, ma i tempi sono troppo stretti). E bisogna farla subito con due prerogative: chi vince le elezioni deve poter governare, e i cittadini hanno il diritto di scegliere i candidati senza trovarsi davanti solo dei nominati. Gli esempi virtuosi non mancano. In Francia, Spagna, Germania e anche in Inghilterra la governabilità è assicurata. I partiti scelgano senza fare tanti conti meschini. In democrazia non si vince per sempre. Chi perde ora può vincere domani. C'è bisogno di un sistema che duri, ma sarebbe delittuoso aspettare. Il prossimo anno potremmo avere il caos e l'Italia, di destra o di sinistra non può permetterselo. Il sistema elettorale dovrebbe anche riavvicinare la politica ai cittadini. L'elettore deve riconoscere il proprio votato, deve giudicarlo per l'impegno, il candidato ha il dovere di lavorare sul territorio, essere portatore di consensi non l'utilizzatore di consensi altrui. Solo la presenza e il lavoro nella circoscrizione garantiscono il controllo e poi il giudizio. E anche l'autonomia, perchè una volta a Montecitorio o a Palazzo Madama prima che al proprio segretario il deputato e il senatore devono rispondere agli elettori. Pensate che con un sistema diverso avremmo mai avuto quel valzer di cambi di casacca che abbiamo visto in questi anni? Cambiare legge si può, i tempi ci sono. Anzi si deve. Il rischio è quello di precipitare nel caos. Arrivare al voto nel 2013 con questo sistema potrebbe essere una garanzia di ingovernabilità. Alfano, Bersani e Casini adesso battano un colpo.  

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