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Mario Sechi risponde: allora paghino l'Imu come tutti

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Il nuovo direttore responsabile de Il Tempo, Mario Sechi

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Caro Righetti, ho letto la sua lettera e la ringrazio, rafforza la mia convizione: in un «Paese normale» le Fondazioni non dovrebbero stare nel capitale delle banche. Provo a spiegare ai nostri lettori perché. È vero, a noi interessano i mezzi (il patrimonio) ma anche i fini delle Fondazioni. E ancor più interessante è raccontare come influiscono sulla gestione delle istituzioni finanziarie partecipate. I mezzi hanno un'influenza diretta sui fini. Faccio un esempio. In Cariplo il consiglio d'amministrazione è nominato da una Commissione centrale di beneficenza, con 20 membri che sono espressione degli enti locali, dalle provincie di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova, alla regione Lombardia, al comune di Milano e alle camere di commercio, mentre altri 20 componenti sono nominati dagli enti più vari, tra cui la diocesi di Milano e i rettori delle università lombarde. Ancora: due dei 21 consiglieri della Compagnia San Paolo sono nominati dal comune di Torino, uno dalla regione Piemonte e poi uno dalla provincia di Torino e ancora un altro dal comune di Genova. E poi altri due dalla Camera di commercio di Torino, quindi uno da quella di Genova e ancora un altro da quella di Milano e da quella di Roma. Le sole province controllano circa 50 poltrone delle fondazioni. Sono da abolire, ma controllano un pezzo dell'alta finanza. Follia italiana. Lei dice che «le fondazioni perseguono esclusivamente finalità di utilità sociale e sviluppo del territorio come previsto dalla legge che le regolamenta». Un'occhiata alla rassegna stampa dell'Abi fa capire che il suo «esclusivamente» è generoso. Le Fondazioni sono parte del risiko di potere del Paese. Gli esempi più lampanti sono Mps e Unicredit, dove il pallino sulla nomina dei vertici è in mano alle Fondazioni. Nel caso di Siena soprattutto in mano alla politica, basta ripassarsi le cronache sulla scelta di Alessandro Profumo come presidente di Mps, frutto di colloqui ai vertici del Pd; nel caso di Unicredit non è un mistero il ruolo svolto da Fabrizio Palenzona - che aveva ragione da vendere - sulle Fondazioni azioniste che avevano contribuito proprio alla sostituzione di Profumo. Mi pare sufficiente per dire che le Fondazioni bancarie (non tutte e non nella stessa maniera) hanno non poche distrazioni rispetto alla missione no profit. Sul trattamento fiscale e sull'Imu, siamo al paradosso. Pagare le tasse sui dividendi è assolutamente normale ma, proprio per la natura «spuria» di questa attività, sostengo (e sono in buona compagnia) che la legge sulle Fondazioni va cambiata: non mi piace la commistione della filantropia con interessi che filantropici non sono. Dalla politica alla finanza. Questo è il punto chiave. Spero di poter leggere in futuro l'entità degli immobili e la loro classificazione (commerciale e non) sul bilancio del 2011, visto che sul sito web dell'Acri non c'è, ma in ogni caso trovo singolare il fatto che venga chiesto il pagamento dell'Imu a cittadini che non se lo potranno permettere e a soggetti con un prelievo fiscale sui ricavi lordi non del 20 ma del 45 per cento, mentre facoltose istituzioni ne sono esenti. E mi pare paradossale dover ricordare - nel pieno della crisi, con la stretta del credito bancario e le nostre pagine piene di imprenditori che si suicidano - concetti di equità fiscale con chi è impegnato nelle opere di bene, ma contemporaneamente controlla la finanza. Per questo le Fondazioni devono uscire dal capitale delle banche: c'è un doloroso stridore tra la realtà e l'ideale. Il capitalismo agli estrogeni non ha niente a che fare con le opere di bene. Ancor meno quando depaupera i bilanci delle Fondazioni e produce mostruose minusvalenze. È un'anomalìa criticata anche da Mario Monti, quando era commissario europeo per la concorrenza, e si riflette nella concessione del credito e sugli investimenti. Non a caso molti commentatori ed economisti (vedi Luigi Zingales e Oscar Giannino) criticano un sistema “bloccato” e legato al potere politico. L'Italia vive un momento delicato, siamo a un passaggio di frontiera. Per il bene delle Fondazioni, è ora che anche questa anomalia venga superata.

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